I maghi della bancarotta finiscono davanti al giudice. Rischiano in 56 e l’accusa chiede pene fino a 8 anni di carcere

Palazzo di giustizia L’ora del giudizio per il fallimento di Pane e Tulipani e altre decine di società. Alcuni degli imputati coinvolti anche in inchieste per ’ndrangheta

Decine di bancarotte, frodi fiscali, magheggi contabili. Sono ben 56 gli imputati compari in udienza preliminare a Como per il primo giudizio sulla maxi operazione condotta da Procura e Guardia di finanza, circa un vorticoso giro di fallimenti alcuni dei quali hanno anche incrociato l’interesse dell’antimafia di Milano.

E non a caso tra le persone per le quali l’accusa ha chiesto la condanna, vi sono detenuti per reati di associazione di stampo mafioso.

Come i Ficarra di Gioia Tauro e Vibo Valentia, arrestati un anno fa per una serie di estorsioni e di bancarotte oltre che perché sospettati di far parte della ’ndrangheta. O come Alessandro Tagliente, considerato il braccio destro del boss (condannato al carcere a vita per omicidio) Bartolomeo Iaconis. O, ancora, Cesare Pravisano, ex funzionario di banca ed ex assessore del comune di Lomazzo oltre vent’anni fa: è per lui che il pubblico ministero ha chiesto la condanna più pensate: oltre 8 anni di carcere, una pena che andrebbe a sommarsi con le altre già patite sempre per bancarotta.

Ma accanto a imputati finiti nell’orbita di vicende ben più grandi e ben più gravi, troviamo anche nomi noti in città per tutt’altro genere di fatti: professionisti piuttosto che ristoratori, ex presidenti di società pubbliche di trasporti e pure ex calciatori. Imputati coinvolti in vicende che hanno finito per intersecare la strada con storie di cui, oggettivamente, nulla sapevano.

Il fiscalista

Trait d’unione, in gran parte involontario, di questi intrecci è il fiscalista comasco Bruno De Benedetto. Il suo nome ha dato parecchio lavoro alla Procura di Como: prima come indagato (e imputato), quindi come vittima di reati d’usura (che in parte hanno, se non giustificato, quantomeno fornito la spiegazione del perché di certi affari al limite - e anche oltre - il legale). Lo stesso De Benedetto ha già chiesto di patteggiare per il fallimento della Villa Olmo Lago srl, la società che per anni ha gestito, anche turbando l’asta di affidamento, il ristorante affacciato sul lago all’inizio di via per Cernobbio di proprietà del Comune. Per quel fallimento ha chiesto di patteggiare il socio, Maurizio Facciolla.

Pane e Tulipani

E infine c’è tutto il capitolo Pane e Tulipani, il bar ristorante del centro città, diventato a cavallo del 2010 uno dei punti di ritrovo cult per l’aperitivo - e non solo - in centro città. Quindi spazzato via dai debiti (soprattutto con il fisco) per una serie di giri d’affari tra il fallimentare e (secondo la Procura) l’illecito.

Tra e persone coinvolte anche l’avvocato Andrea Auletta, (che ha optato per il giudizio abbreviato) per il quale lo stesso pubblico ministero ha chiesto l’assoluzione. Mentre è stato chiesto il rinvio a giudizio per l’ex calciatore Davide Caremi. In tutto in 10 hanno chiesto l’abbreviato, in 29 il patteggiamento, per gli altri la Procura ha sollecitato il rinvio a giudizio. La decisione del giudice attesa per metà dicembre.

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