
Cronaca / Como città
Domenica 20 Aprile 2025
Il Carducci sul caso Conservatorio: «Noi disponibili, ma non risponde»
La polemica In visita alla “fortezza” dell’associazione che il sindaco vuole «sbattere fuori». Un contenzioso per il quale non si vedono soluzioni: «Ma da parte nostra nessuna preclusione»
Como
Lucchetti, chiavistelli, catene. Clang clang. Eccoci nel ridotto Carducci, che di questi tempi è un po’ come la fortezza Bastiani di Buzzati, anche se rispetto al Deserto dei tartari qui il nemico è tutt’altro che immaginario.
La presidente, come noto, è Maria Cristina Forgione, professione avvocato, per i nemici (cioè il sindaco) semplicemente “Forgy”. «Cara Forgy, ridammi le chiavi», è un refrain ricorrente nei videospiegoni che Rapinese riserva ai suoi follower quando c’è da commentare un provvedimento giudiziario, magari anche confutando gli articoli dei soliti cronisti mistificatori. I due sono in lotta da mesi. L’ultima uscita trumpiana del nostro è di pochi giorni fa: «Gente così - ha detto - mi pregio di spazzarla fuori dagli spazi comunali».
Ricapitolando
La storia della disputa per il possesso di questo edificio bellissimo sintetizza appieno schemi e atmosfere di tre anni di giunta Rapinese, scravattata e iconoclasta. Sul marciapiede di via Cavallotti si scontrano due città, quella a. R. (avanti Rapi) e quella d. R.; da una parte Maria Cristina Forgione e il suo Carducci, i 110 accademici “no stadio” con il loro Novocomum, la Città dei Balocchi, il Pd, Forza Italia e l’elenco completatelo voi, dall’altra il sindaco, i tifosi del Como1907, i vaffa a partiti, fondazioni e Luna Park, il terrore di passare per “l’amico di...” (che è poi la sua vera ossessione, nonché motivo della sua repulsione per ogni forma di mediazione), e insomma il presunto nuovo che avanza, ed è anche un po’ banale a dirla tutta, ma fatale.
E però non è soltanto una faccenda paradigmatica. Checché ne dicano il nostro e le sue profezie («li sbatterò fuori, fosse l’ultima cosa che faccio»), è anche un pasticciaccio dal quale non si esce. Dietro alla contesa giudiziaria per il possesso dello stabile, lo ricordiamo, c’è il progetto che dovrebbe tramutare alcune di queste aule in una sede (non l’unica) del Conservatorio, destinazione coerente allo spirito dei padri fondatori che eressero il palazzo nel 1920 volendone fare la casa di un’associazione culturale, prima che diventasse anche sede dell’istituto magistrale e della facoltà di Giurisprudenza anni più tardi.
«Sì - conviene l’avvocato Forgione - un bel progetto», da cui la domanda: ma allora qual è il problema? «Il problema non c’è», risponde lei esibendo l’ultimo carteggio. C’è, questo sì, un problema di accesso, di condivisione degli spazi ma, spiega “Forgy”, lo si sarebbe facilmente aggirato facendo in modo che gli studenti del venturo Conservatorio entrassero dal cortile laterale, quello – per intenderci – verso il cancello del fu zoo (qualcuno ricorda? Più o meno dove c’era la scimmia con il sedere bordeaux, fonte di gran sollazzo per tutti i seienni degli anni Settanta). Questo perché l’ingresso dall’entrata principale di viale Cavallotti si schiude su un’anticamera che finirebbe per essere condivisa con il Carducci, sia perché vi si apre l’uscita di sicurezza del Salone Musa, sia perché da qui si accede alla Musicoteca Capranica, aula che in base all’accordo del 1930 (quello con cui i fondatori regalavano lo stabile al Comune trattenendo per sé alcuni spazi) deve restare in uso all’associazione. E quindi? «Guardi qui – dice ancora la presidente mostrando il contenuto dell’ultimo scambio di mail –. L’anno scorso di questi tempi, cioè ad aprile, dopo una sfilza di sopralluoghi effettuati con i nostri e i loro tecnici, il Conservatorio ci offrì di scegliere fra tre diverse opzioni, una delle quali contemplava il ricorso all’ingresso dal cortile. Chiamiamola opzione A. Rispondemmo che per noi andava bene l’opzione A e che in sostanza, da quel momento, il Conservatorio avrebbe potuto accedere alle aule per l’allestimento del cantiere quando avesse voluto. Beh, sa che c’è? Che non si è più fatto vivo nessuno. Silenzio tombale. Tanto che a dicembre mi sono risolta a scrivere io: scusate, cari amici musicisti, ci avete sottoposto una proposta, il consiglio dell’associazione l’ha accettata, ho ribadito più volte che siamo qui ad aspettarvi... Beh, ma che fine avete fatto? Risposta: si rivolga al sindaco. Non solo – prosegue la presidente -. Guardi qui: questo è il verbale di una delle ultime udienze in tribunale. Data 6 novembre 2024. Il giudice azzarda la strada della conciliazione, e alla sottoscritta domanda: qual è la vostra proposta? Io rispondo dicendo che il Conservatorio, come da progetto, può tranquillamente prendere possesso di tutte le sale del piano terra, con l’esclusione della musicoteca, e di tutte quelle del primo piano, escluso il Salone dei Nobel con il Museo Casartelli. A quel punto il giudice si rivolge al dirigente comunale Chiarion, che partecipa all’udienza in rappresentanza del Comune, e gli chiede: “E voi?”. Risposta: “Come da indirizzo adottato dalla giunta, non vi è disponibilità ad alcuna trattativa”». Insomma: “Forgy”, esci le chiavi.
Quanta bellezza
Al momento di soluzioni non se ne vedono, ed è un peccato perché davvero il Carducci è di una bellezza sfolgorante, di quelle che non gli anni né l’abitudine riuscirebbero a rendere inspida. Bisogna dare atto all’associazione di avere svolto un lavoro egregio per quanto riguarda manutenzione e conservazione. Rose rosse all’ingresso, arredi ritrovati e poi rinnovati e riutilizzati, aule ripulite e aule re-intitolate (a Massimo Clerici, che qui per anni tenne un corso di scultura seguitissimo, a Carla Badiali, ad Antonio Sant’Elia), per non parlare del Museo Casartelli accolto nel salone dei Nobel, deliziosa wunderkammer mai tanto in forma, un posto che ha pochi o nessun eguale, quantomeno in quest’angolo d’Italia: «Pensi che meraviglia se solo potessimo partecipare a uno di quei bandi per i progetti “emblematici” della Fondazione Cariplo», sospira ancora l’avvocato Forgione, ed è difficile darle torto. E allora? E allora boh. Bisognerebbe ascoltare l’altra campana, che per ora è ferma alle esternazioni trumpiane della scorsa settimana, al proposito di valutare la revoca dell’Abbondino d’Oro («prima però devono trovarlo», sorride la presidente), al «sangue che mi ribolle quando passo di lì e vedo le auto parcheggiate» e al «non c’è niente da negoziare ma solo da togliere i lucchetti». Che, invece, alla fine di questa visita, tornano belli serrati al loro posto, più o meno dove in un paio d’occasioni, l’anno scorso, gli emissari del Comune provarono a scardinarli con una cesoia. Clang clang. «Ma mica si fa per loro - sorride “Forgy” -. Più che altro è per i ladri. Sa com’è... Di questi tempi non si sa mai».
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