«Il commissario d’esame non parla italiano». Insubria, nuovo caso al Tar

Università Secondo ricorso sulla promozione a ordinario di una docente. Lo sconfitto: in commissione anche una prof che parla in tedesco

Una dei membri della commissione giudicatrice che ha scelto la nuova professoressa ordinaria in diritto romano e diritti dell’antichità del Disuit (il Dipartimento di scienze umane dell’Università dell’Insubria) «non conosce la lingua italiana». Approda al Tar il secondo ricorso, nel giro di poco più di un anno, sul concorso che ha consentito a un’associata dell’ateneo comasco e varesino di essere promossa a ordinaria.

In un primo ricorso - che aveva portato il rettore a cancellare in autotutela tutti gli atti e rifare la gara - si contestava la presenza tra i commissari di una persona vicina (professionalmente parlando) alla candidata vincitrice; in questo secondo caso il candidato sconfitto (associato dell’università di Milano e, peraltro, protagonista già di diversi altri ricorsi al Tar per gare universitarie perse in altri atenei italiani) contesta la presenza tra i commissari di una docente ungherese che non padroneggerebbe a dovere la lingua italiana.

La prova audio

Nei giorni scorsi la prima sezione del Tribunale amministrativo regionale ha accolto l’istanza del docente sconfitto, il quale aveva chiesto di poter produrre una registrazione audio della relazione della commissaria a un convegno internazionale che si è tenuto in Italia. Da quella registrazione, par di capire, emergerebbe come il membro esterno della commissione scelta dall’Insubria non sarebbe in grado di comprendere e parlare l’italiano in modo adeguato, soprattutto per far parte di un team chiamato a scegliere un professore ordinario.

Ovviamente la decisione dei giudici amministrativi, che hanno accolto la produzione da parte dell’autore del ricorso dell’audio di quel convegno, non anticipa assolutamente nulla. Tanto che lo stesso decreto del Tar sottolinea come «resta riservata al Collegio la valutazione circa la rilevanza probatoria di simile produzione». Ma l’atto dimostra due cose. La prima: l’esistenza di un secondo ricorso sul bando già finito nella bufera dopo l’aggiudicazione alla candidata interna (i giudici del Tar avevano ravvisato «profili di illegittimità» degli atti del bando. Tali da spingere il rettore ad annullare in autotutela il decreto di nomina e ribandire la gara). La seconda: le difficoltà da parte dell’Insubria, negli ultimi anni, a formare commissioni giudicatrici per i concorsi del Disuit.

Com’è noto, infatti, due commissioni per altrettanti concorsi per posti da ricercatore si sono dimesse, facendo naufragare il bando. In entrambi i casi - a detta di una nota fornita a La Provincia da persone vicine al rettore - la colpa sarebbe da attribuire ad anonimi che avrebbero inviato ai commissari stessi lettere in cui ventilavano “brogli” e decisioni già prese a tavolino. Su uno di questi due concorsi è ripartito l’iter per la scelta della nuova commissione.

Il Senato accademico

Infine oggi è prevista una nuova riunione del Senato accademico dell’Insubria. Appuntamento quantomai importante in quanto è il primo, dopo che un mese fa il precedente Senato aveva sventolato una sorta di cartellino giallo al vicerettore Stefano Serra Capizzano , e perché è pure la prima occasione pubblica e ufficiale in cui Serra Capizzano e il rettore Angelo Tagliabue si ritroveranno faccia a faccia nella medesima sede istituzionale dopo i recenti scossoni anche interni al consigli di amministrazione.

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