Il diritto all’oblio oncologico ora è legge: «Una conquista sociale per tanti pazienti»

Sanità Dieci anni dalla guarigione è il limite imposto dalla legge per potersi definire “guarito”. Il commento di una paziente: «Passo importante, ma ancora non basta»

Il decreto legge che ha aperto la strada al diritto all’oblio oncologico segna un passo importante per il Paese e inaugura l’inizio dell’anno con una buona notizia per chi ha sofferto e soffre a causa di un tumore.

«È una grande conquista sociale», senza se e senza ma, stando alle parole con cui ne parla Monica Giordano, primario di Oncologia all’ospedale Sant’Anna. Ma in cosa consiste esattamente la nuova legge? Il testo di legge definisce come “oblio oncologico” il diritto delle persone guarite da una patologia oncologica di non fornire informazioni o essere oggetto di indagini sul proprio passato di malati oncologici, a patto che siano trascorsi dieci anni dal termine delle cure. In sostanza, chi ha avuto un tumore non sarà più tenuto a rendere conto della propria malattia nell’accedere a servizi fondamentali che vanno da quelli bancari e assicurativi, fino alla partecipazione a determinati concorsi pubblici e alle richieste di adozione.

Si parla più spesso di “guarigione”

«Non solo questa legge toglie al malato oncologico guarito tutta una serie di discriminazioni reali, ma permette anche a noi medici di poter utilizzare il concetto di “guarigione”, che in ambito oncologico è sempre stato impiegato con grandissima cautela, più frequentemente, aprendo alla speranza».

Oggi, da un punto di vista medico, si considera guarito il paziente oncologico che abbia raggiunto la stessa aspettativa di vita di una persona della medesima età e che non ha avuto patologie oncologiche. «Non è solo un atto amministrativo, ma anche un passo avanti enorme dal punto di vista della percezione della malattia oncologica. Anche se da un punto amministrativo ci si è dovuti attestare sul termine dei dieci anni dalla fine della terapia, e quindi dieci anni senza recidive, da un punto di vista medico ora è più comune parlare di “guarigione” e aprire alla speranza. Grazie a terapie target e immunoterapie siamo in grado di curare, laddove non guarire, molte patologie oncologiche. Questa legge, come qualsiasi azione che aiuti a togliere lo stigma sulla malattia oncologica, è e deve essere benvenuta».

Quando la dottoressa Giordano parla di discriminazione reale scende nella quotidianità dei pazienti che ha seguito in questi anni: «Mi è capitato di scrivere tonnellate di dichiarazioni per pazienti che avrebbero voluto fare richiesta di adozione e che erano considerati ancora malati oncologici, nonostante io dichiarassi infinitesimali le loro probabilità di recidiva». Adesso, anche per loro c’è speranza. La speranza di poter costruire una progettualità personale che non debba rendere conto della malattia passata sempre e comunque.

La paziente: «Vorrei essere più indipendente»

«Fortunatamente ho stipulato il mutuo prima di ammalarmi - racconta Eva Andreoli, comasca che due anni fa ha ricevuto la diagnosi di tumore - altrimenti sarei stata in difficoltà. Si tratta di un tema che non è molto noto, perché naturalmente se non hai un tumore non ti poni questo problema, ma io mi sento discriminata». Una discriminazione impercettibile, per chi non si trova a vivere nei panni di un malato oncologico, ma che attraversa come un filo rosso diversi aspetti della vita quotidiana: «Ho in progetto degli investimenti futuri - continua Eva - mi sono informata tramite il commercialista e ho scoperto che dovrò fornire un garante. Chiederò ai miei fratelli, ma non è una richiesta che mi sento di fare a cuor leggero. Mi fa rabbia. Rabbia perché la mia indipendenza, di cui vado orgogliosa e che ho con fatica conquistato, viene minata. Devo dipendere da qualcuno e chissà per quanto tempo. La legge parla di dieci anni, ma dieci anni dal termine delle terapie per me potrebbero significare persino quindici anni. Abbiamo fatto un passo importante, ma credo ci sia ancora molto da fare».

Per arrivare a questa meta la strada è stata lunga e su un punto medici, associazioni scientifiche e pazienti sono d’accordo: con la legge sull’oblio oncologico si conquista un diritto fondamentale e finora negato.

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