Il parroco comasco in Perù e Prevost: «Qui lo considerano uno di loro»

La testimonianza Don Roberto Seregni è originario di Capiago: «Ha saputo essere straniero senza rimanere estraneo»

La periferia di Lima, dove don Roberto Seregni, originario di Capiago, è parroco “fidei donum” è ben diversa dalla diocesi di Chiclayo da cui arriva papa Leone XIV. «Ma in lui ho visto che è riuscito a essere straniero senza essere estraneo alla gente, alle sue povertà e necessità», racconta il parroco comasco, inviato “fidei donum”, ovvero come dono di fede, temporaneamente in terra di missione.

Con papa Robert Prevost Seregni non ha mai avuto contatti diretti, al di là di qualche scambio o celebrazione condivisa, e i contesti in cui hanno portato avanti la rispettiva missione in Perù sono molto diversi. La periferia di Lima, con le contraddizioni della grande capitale e la corruzione diffusa nel Paese, da una parte, il nord del Perù tra povertà ed emergenze ambientali dall’altra. «Quello che però mi ha sorpreso è stato che mentre ero qui in Italia, in contemporanea al Conclave, ho ricevuto dai peruviani moltissimi messaggi di gioia. Preti, seminaristi, fedeli e famiglie mi hanno scritto di essere felici per questo nuovo papa peruviano. Mi ha sorpreso moltissimo, loro lo sentono uno del popolo e questo vuol dire che ha davvero saputo entrare a far parte di questa Chiesa peruviana che cammina, accompagna e sta accanto a chi ha bisogno», spiega Seregni.

Rientrato in Italia dopo lunghi anni di assenza, Seregni si è trovato lontano dalla sua Carabayllo, nella periferia di Lima, e anche dall’atmosfera di gioia festosa che si è diffusa per le strade del Perù a partire proprio dalla diocesi che padre Leone XIV ha lasciato nel 2023, su richiesta di papa Francesco, per guidare da Roma il Dicastero dei vescovi.

«So che ha origini francesi, spagnole, italiane e persino africane - riprende don Seregni - Questa sua multiculturalità si aggiune al fatto che, come capo degli agostiniani, ha girato il mondo. Credo che queste caratteristiche siano una vera e propria benedizione». Per don Seregni la capacità dimostrata da papa Leone XIV nel «toccare con mano la Chiesa dei poveri» saranno cruciali nel portare avanti la missione che era stata anche di papa Francesco: «riportare Cristo e il Vangelo al centro della Chiesa».

«Lo farà con la sua personalità e con il suo stile - sottolinea il parroco comasco - Ma mi è piaciuto molto anche il suo nome». Un nome che, come il papa stesso ha confermato, è ispirato alla figura di papa Leone XIII che oltre a essere autore della prima dottrina sociale della Chiesa, la Rerum Novarum, sembra fosse anche vicino alla comunità agostiniana di Roma. Ma a colpire l’immaginazione di don Seregni è stato un altro Leone: «Sono un grande appassionato di San Francesco. E Leone era uno dei suoi discepoli più cari. Fu Leone a proseguire gli scritti di Francesco, quando quest’ultimo stava male e non aveva più le forze per farlo. Se anche il Papa ha pensato a questa immagine, credo sarebbe molto bello... glielo chiederò se mai avrò la possibilità di incontrarlo», scherza. Il suo ultimo pensiero per il Papa è di grande ammirazione: «Il suo è uno dei ruoli più complessi da ricoprire. Credo che ora bisognerà dargli tempo, non prendere tutto quello che dice come sigillo definitivo sul suo pontificato. Dobbiamo pazientare e pregare per lui».

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