
Cronaca / Como città
Lunedì 24 Marzo 2025
«Il progetto stadio, grande opportunità. Ma Como va coinvolta»
Il dibattito Gloria Bianchi, coordinatore del Tavolo perla competitività: «La proposta non va subita né osteggiata, deve essere governata»
«Siamo di fronte a un’opportunità preziosa per lo sviluppo del territorio; il progetto non va subito, né tanto meno osteggiato, ci chiede di essere governato e ho fiducia che si farà nel migliore dei modi».
Gloria Bianchi, imprenditrice e coordinatore del Tavolo per la competitività istituito in seno alla Camera di commercio, evidenzia l’importanza del progetto depositato dal Calcio Como per il rifacimento del vecchio Sinigaglia. «Un’opera determinante per il futuro della città e che come tale - avverte - necessita di decisioni condivise e di un dibattito ampio e partecipato».
Parliamo innanzi tutto del progetto, che idea si è fatta in termini generali?
Non ho sufficienti elementi per entrare nello specifico, credo che il nodo di fondo sia trovare un equilibrio ottimale tra tutela di un patrimonio collettivo, materiale ma anche immateriale, e spinta all’innovazione. La pura conservazione di un luogo è un non senso, una radicale trasformazione fine a se stessa è però un pericolo. Ora è naturale immaginare che tra questi due estremi ci possa essere il ragionevole spazio per trovare un punto di equilibrio.
Ha fiducia che si trovi la possibilità di far coesistere interesse pubblico e privato?
Si deve, in operazioni di questo genere è naturale che pubblico e privato coesistano e collaborino, ovviamente nel reciproco rispetto dei ruoli. In questo caso, le due parti esprimono professionalità e competenze di primario livello e ho grande fiducia sull’esito di questo processo.
Uno dei nodi da affrontare è il bilanciamento tra componente sportiva e funzioni collaterali. Ritiene che l’attuale progetto sia eccessivamente focalizzato su queste ultime?
Non ho sufficienti elementi per fare una valutazione di merito, mi limito a osservare che è del tutto anacronistico, oggi, immaginare una struttura esclusivamente limitata agli eventi sportivi. Così non è accaduto in tutte le altre città e così, mi lasci dire, è impensabile che avvenga a Como.
Non è quindi contraria a priori a uno stadio con una massiccia presenza di funzioni accessorie, di tipo ricettivo e commerciale?
La presenza di funzioni extra sportive è una necessità, del proponente ma anche della città. È ovvio che vada trovato un bilanciamento, ma è sbagliato avere chiusure pregiudiziali. Credo che non sia sostenibile uno stadio solo per il calcio quanto una struttura con una presenza eccessiva di funzioni accessorie. C’è necessità di una struttura viva ogni giorno dell’anno, capace di far crescere la qualità di vita e il contesto, peraltro straordinario, in cui si trova.
Il contesto è a dir poco delicato. Non c’è il pericolo che una struttura di questo genere impatti rovinosamente su ciò che le sta intorno? E ancora, quanto è rilevante la questione delle altezze?
Certo, siamo in un’area di particolare valore, un quartiere sportivo razionalista che non ha eguali nel mondo. Ma il contesto non deve spaventare, lo stesso Giuseppe Terragni ci ha insegnato a essere coraggiosi, a mettere in discussione i canoni del passato e il suo operato ha superato la prova più difficile che è quella del tempo. Ovviamente, non si potrà prescindere dal rispetto e dalla tutela in ogni suo aspetto, altezze comprese, delle preesistenze. Spetterà in primo luogo alla Soprintendenza dare indicazioni operative concrete e stabilire in quale modo il nuovo stadio potrà inserirsi e dialogare con il luogo in cui andrà a collocarsi.
Pensa sia stato corretto prevedere il nuovo stadio lì dove è sempre stato? Non pensa sarebbe stato meglio spostarlo lontano dal centro?
È un dibattito superato che ha poco senso riaprire. Da un punto di vista urbanistico forse sarebbe stato possibile immaginare valide soluzioni fuori città, ma il tema non esiste e del resto mi pare di avere compreso che il proponente non considera interessante sviluppare un progetto in un’area diversa da quella attuale.
Come approccio, ritiene che questa vicenda del nuovo stadio sia, per Como, più un rischio o un’opportunità?
Senza dubbio un’opportunità ed il migliore strumento per limitare i rischi è dare vita a un processo il più possibile condiviso.
Non rischiamo di aprire un dibattito poco concreto che avrà la conseguenza di allungare i tempi di realizzazione?
Affatto, la partecipazione della città è un fattore chiave per la buona riuscita di interventi di questo genere. Stiamo parlando di un’opera che segnerà il profilo di Como nell’arco perlomeno del prossimo secolo e che ha un potenziale enorme di crescita per il territorio da un punto di vista economico e sociale. Mi aspetto che ogni portatore di interesse, dagli ordini professionali ai cittadini che risiedono nel quartiere, sia consultato e dia un proprio contributo. Si può fare, altrove è stato fatto e Como ha la maturità e le competenze per fare lo stesso.
A chi spetta il compito di coordinare la partecipazione collettiva?
Sono certa che il Comune di Como non trascurerà questo aspetto.
E il Tavolo per la competitività potrà avere un ruolo in questa operazione?
Sicuramente c’è la disponibilità a ospitare il sindaco Rapinese, quando lo riterrà opportuno, per una presentazione del progetto. Il Tavolo, sui cosiddetti progetti emblematici, ha già svolto una analoga funzione di ascolto, confronto e sostegno.
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