«Pronto, cara». In cella con il telefono: a processo otto detenuti del Bassone

Il caso Si passavano di mano in mano due cellulari. Con i quali telefonavano dalle celle del carcere

Nelle rispettive celle si passavano di mano in mano due telefoni, apparecchi che utilizzavano per comunicare con l’esterno del carcere del Bassone. Telefonate che avrebbero raggiunto parenti, conoscenti, o comunque persone che avevano già il permesso di fare visita ai detenuti ma che non avrebbero potuto essere contattate in quel modo. Per questo motivo, dopo essere stati sorpresi dagli agenti della penitenziaria che avevano posto sotto sequestro i telefoni, in nove erano stati denunciati, chiamati a rispondere dell’ipotesi di reato di «accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti». Perché ovviamente non è consentito ad una persona che si trova reclusa di poter comunicare con l’esterno con apparecchiature introdotte in carcere in modo non autorizzato. I fatti per cui si è aperto ieri mattina il processo, fanno riferimento ad un periodo precedente a quando gli agenti della penitenziaria individuarono i due telefoni cellulari, ovvero il 12 agosto del 2021. La procura di Como ha chiesto per tutti gli indagati la citazione diretta a giudizio e ieri mattina nel palazzo di giustizia cittadino si è aperto il processo.

Il giudice ha letto subito una sentenza di non doversi procedere nei confronti di uno degli imputati, Davide Versaci, 40 anni, in quanto irreperibile e non informato del processo. Gli altri finiti in aula hanno invece optato per due diverse strategie, o il rito abbreviato oppure il proseguire in dibattimento. Ad andare in abbreviato sono stati Juan Ramon Araujo, 28 anni, della Repubblica Dominicana, Hamza Mortabit, 27 anni del Marocco, Mirco Gioia (41 anni), Alessandro Pusceddu (46 anni) e Riviera Alexis Lopez, 28 anni originario di El Salvador. Proseguiranno invece il percorso processuale già intrapreso Michele Agostini (51 anni), Ayoub Bentaybi, 28 anni del Marocco e il connazionale Hicham Jlaibi, 31 anni. Nella prossima udienza saranno chiamati a testimoniare gli agenti che scoprirono i due telefoni cellulari. Secondo quello che è il capo di imputazione della procura gli otto rimasti a processo, tutti detenuti nel penitenziario del Bassone all’epoca cui sono riconducibili le contestazioni, «ricevettero indebitamente» da mani rimaste ignote e «utilizzarono telefoni cellulari e altre apparecchiature» per poter comunicare con l’esterno del penitenziario, «con soggetti a loro riconducibili e anche autorizzati ad intrattenere rapporti telefonici». Cosa non consentita, come detto, e di cui ora saranno chiamati a rispondere.

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