La Regione offre più soldi ai pediatri di famiglia, ma occorre «lavorare al sabato»

Salute L’assessorato tenta di coprire la carenza di medici aumentando anche il massimale di assistiti. Resta il nodo degli infermieri in fuga verso il Ticino

La Regione prova a coprire la carenza di professionisti sanitari, aumenta fino a 1.500 il massimale di assistiti ai medici in formazione e offre fondi ai pediatri per assumere infermieri e segretari così tenere aperti gli studi anche al sabato.

Ma nel nostro territorio mancano anche gli infermieri, negli ultimi tre anni 400 sono fuggiti in Svizzera.

Un accordo con i sindacati

L’assessorato regionale al Welfare sta cercando di tirare al massimo la coperta corta rimasta alla nostra sanità locale. E così ha deciso che i medici di famiglia in formazione al primo anno potranno assistere fino a mille pazienti, un numero che al terzo anno di insegnamento sale a 1.500. L’obiettivo della misura secondo l’assessore Guido Bertolaso è aumentare l’assistenza sanitaria. La Federazione dei medici di medicina generale però ricorda, per bocca del segretario provinciale Massimo Monti, che l’impegno lavorativo toglie tempo alla formazione dei nuovi medici. In una provincia, come la nostra, dove comunque manca circa un terzo dei medici di famiglia. Il numero dei medici in formazione non può bilanciare il grande fabbisogno.

Intanto la Regione e i rappresentanti sindacali hanno trovato un accordo per destinare fondi utili all’assunzione di infermieri e personale amministrativo da inserire negli studi dei pediatri, volendo incentivare la collaborazione tra liberi professionisti.

La Regione ha anche deciso di estendere l’apertura a turno dei pediatri al sabato, già sperimentata in altre province. Il servizio si può richiedere chiamando al 116-117, il numero della guardia medica, gli operatori valutate le necessità possono inviare bambini e genitori nell’ambulatorio territoriale di riferimento con un pediatra al lavoro a turno.

«I pediatri sono un pilastro fondamentale – così Bertolaso – vogliamo sostenerne il ruolo incentivando tra di loro la collaborazione, ma anche andando incontro alle esigenze delle famiglie offrendo un servizio anche al sabato».

Non soltanto ospedali

Intanto in settimana la commissione sanità della Regione ha ascoltato i rappresentanti degli infermieri, i quali hanno dipinto uno scenario vicino all’emergenza.

Mancano in Lombardia migliaia di professionisti per rispettare gli standard in relazione alla popolazione da assistere. Nel Comasco secondo l’Ordine degli infermieri servirebbe almeno 300 nuovi infermieri in più. Non solo in ospedale, ma anche nelle case di comunità, nelle Rsa, nell’assistenza domiciliare e nel privato.

Nel corso delle audizioni è emerso in particolare il problema legato agli infermieri frontalieri. Secondo i dati forniti, negli ultimi tre anni sono quasi 400 gli infermieri lombardi “fuggiti” in Svizzera.

Sarà perché lo stipendio può arrivare fino a 5mila euro al mese, mentre in Italia la retribuzione media è di 1.780 euro mensili. Indennità di confine e contratti che valorizzino le professionalità di medici, infermieri e di tutte le professioni sanitarie sono alcuni degli strumenti concreti sollecitati per fermare l’esodo di personale dalle strutture del nostro territorio verso la Svizzera.

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