Lavorare in Pronto Soccorso? A Como molti preferiscono evitare e così il 60% delle borse non viene assegnato

SanitàSono pochissimi i neolaureati disposti a lavorare nel settore dell’emergenza-urgenza: «I nuovi medici scelgono soltanto le carriere più allettanti e le posizioni meglio retribuite»

Lavorare in Pronto Soccorso? A Como molti preferiscono evitare e così il 60% delle borse non viene assegnato

Nessuno vuole fare il medico in Pronto soccorso.

Il 60% delle borse bandite quest’anno per la medicina d’emergenza urgenza non sono state assegnate in mancanza di candidati. Ci sono specialità molto ambite, come l’oculistica o la cardiologia che fanno incetta di novelli medici, mentre altre sono in sofferenza, il 23% dei banchi della classe di anestesia e rianimazione sono rimasti vuoti. Per corsi come medicina di comunità e delle cure primarie è un’ecatombe, il 78% dei posti è andato deserto, in generale il settore della sanità soffre la mancanza di un ricambio generazionale.

Un corto circuito

«Fino a qualche anno fa la formazione in medicina si scontrava contro un imbuto - commenta Michele Nicoletti , segretario di Federspecializzandi –. I giovani medici accettavano qualsiasi posizione pur di non restare anni in attesa senza svolgere davvero la professione. Adesso i posti offerti sono talmente tanti che possiamo permetterci di scegliere. Ed è ovvio che l’orientamento si sposta verso le posizioni più agevoli e meglio retribuite. L’oculistica si satura subito perché il privato paga bene. Mentre fare i turni in Pronto soccorso è certo meno allettante. Questo corto circuito è destinato a scoppiare. Il legislatore deve rendere più attrattive le mansioni più faticose e meno ambite». I cosiddetti “camici grigi” non ci sono quasi più. Prima i neolaureati dovevano sostenere anni di prova sperando di rientrare nelle graduatorie, oggi già il giorno dopo la discussione della tesi vengono cercati per iniziare a visitare.

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