Le parole di don Giusto attirano l’attenzione dei media nazionali: «Dalle parole ai fatti, cerchiamo una via legale da anni»

Rebbio Finiscono sui media nazionali le frasi scritte dal parroco: «Se ne parla? Mi fa piacere. I bandi sono troppo rigidi»

Finiscono sui media nazionali le parole di don Giusto Della Valle che, sull’ultimo numero del “Focolare”, pubblicazione della parrocchia di Rebbio, si è detto pronto ad aiutare le persone senza casa - ma con tutti i requisiti per averne una - a occupare quelle vuote presenti sul territorio comunale. La presa di posizione, dopo l’articolo de La Provincia, è stata ripresa da giornali e tv.

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Ieri il sacerdote è tornato sulla questione: «Sono contento - dice - se sul tema si apre un dibattito che sia il più ampio possibile, però poi dalle parole sarebbe il caso di passare ai fatti concreti». Fatti che a don Giusto sono molto chiari: trovare un accordo con il Comune, una via legale tramite cui i tanti alloggi vuoti presenti a Como vengano messi a disposizione di chi ne ha bisogno. «I bandi comunali hanno criteri troppo rigidi e vincolanti per le parrocchie e le associazioni che non possono permettersi di spendere 30 o 40mila euro per ristrutturare e mettere a norme gli appartamenti. Serve un compromesso». La parrocchia di Rebbio non ha fatto in tempo ad aderire all’ultimo bando pubblicato dal Comune ma, stando alle parole di don Giusto, non sarebbe comunque stato economicamente possibile rispettare i criteri segnalati. Intanto sulle parole del prete fioccano, soprattutto online, le critiche di chi lo accusa di aver incitato le persone a compiere atti illegali invitandole a «occupare ciò che ingiustamente non viene dato».

«Più che di “occupazione” sarebbe meglio parlare di “riappropriazione” - spiega don Giusto - La mia è una provocazione perché si capisca che qui si parla di famiglie e persone con tutti i requisiti per avere una casa e di alloggi comunali vuoti, che nessuno occupa. Noi da anni cerchiamo la via legale per far sì che questi spazi siano abitati, ma laddove dovesse esserci un’emergenza o un bisogno le famiglie restano per strada ora come ora. Io parlo di un’occupazione non violenta, come quelle che avvenivano in Sudamerica quando i poveri occupavano i latifondi... chi non capisce, legga meglio la mia lettera e non solo i titoli dei giornali».

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