Cronaca / Como città
Martedì 09 Dicembre 2025
Natale a Como è bocciato dai locali: «Eventi e luci, grossa delusione»
Bilanci Critiche da molti esercenti: «I clienti che cercano atmosfere natalizie provano tristezza». La controprova? «Presenze in calo». Pesa il confronto con la Città dei Balocchi: «Città spenta»
Como
Nel pomeriggio dell’Immacolata, il freddo si fa sentire. Lo spirito natalizio, invece, no. O almeno, non come una volta. In piazza Duomo l’albero c’è, le luci anche, così come le casette di piazza Peretta. Eppure, a detta di alcuni esercenti, quell’atmosfera che per anni ha reso Como una meta del turismo natalizio, ora non ci sarebbe più.
«Parecchia gente viene pensando di trovare l’atmosfera natalizia, ma quando arriva qui, prova tristezza,» riferisce Lorenzo Castellani, titolare del Bar Touring. All’interno del suo locale, tutto grida “Natale”, ma una volta usciti dalla porta: «Piazza Cavour è rimasta indietro, ci sono poche luminarie rispetto a quando avevamo qui i mercatini». A questo proposito Castellani cita un aneddoto fresco di giornata: «Giusto oggi (ieri ndr) è arrivato qui un gruppo di cinque persone da Zurigo. Hanno fatto 3 ore di viaggio in macchina pensando di vedere la Como natalizia di cui si ricordavano, mentre sono rimasti tutti delusi. Hanno detto che non torneranno più».
Dirottati su Lecco?
La stessa sensazione di disorientamento risuona anche nelle parole di Marco Viganò, titolare del bar ristorante La Quinta: «I clienti mi chiedono “ma i mercatini natalizi dove sono? Sono solo questi?”», riferisce, mentre indica piazza Perretta, al di là della vetrina. «Quest’anno ci sono meno addobbi e luminarie. Qualcuno può dire che è meglio così perché ritiene che le luminarie siano kitsch, ma è ciò che vengono a vedere le famiglie con bambini. Ho saputo di gente che, anziché venire a Como, sta andando a Lecco». Viganò, che fa questo mestiere da 20 anni, lo dice senza troppi giri di parole: «Il numero di presenze nel periodo pre-natalizio è calato».
«Non c’è atmosfera»
Detto ciò, per chi lavora dietro al bancone, la salvezza si spende tutta nelle 48 ore del weekend: «Sabato e domenica c’è abbastanza flusso», osserva Giuseppe Pignataro tra i tavolini del Martinez Cocktail & Food, in piazza Volta. «Da quando non c’è più la Città dei Balocchi, rimangono le proiezioni sul Broletto, sul teatro e qualche luminaria. Tutti cercavano le luci». Il ricordo dei Balocchi passa di bocca in bocca tra gli esercenti. C’è chi addirittura la riteneva «la manifestazione natalizia più bella d’Italia», specificando poi che questo giudizio «è al netto di ogni questione politica». Un altro collega concorda, spiegando che, ai tempi della Città dei Balocchi, si poteva contare un discreto viavai anche dal lunedì al venerdì, mentre ora «in settimana non c’è nulla e si è perso tutto lo spirito di festa». Anche Davide De Ascentis, che ha due locali nel centro storico, ricorda bene il Natale di una volta: «Durante la Città dei Balocchi, i residenti si lamentavano della troppa gente per le vie del centro. Tuttavia, almeno all’epoca, c’era un buon giro di clienti. Certo, nel weekend si lavora, ma in settimana la città è spenta». «Il Natale a Como è andato indietro tanto – continua il titolare -. Non c’è nulla da vedere, non c’è atmosfera». Niente da fare, anche al bar Krudo di De Ascentis «non ci sono i numeri degli altri anni. Le luminarie portavano parecchie persone». Dal bancone al tavolino, il paradosso è proprio questo: le luci ci sono, e si accendono puntuali con il buio. Ma non bastano a scaldare la città.
Le opinioni contrastanti
A pochi metri di distanza da piazza Cavour, arriva una voce diversa: è Matteo Briga, titolare del Bliss Caffè. Nel suo locale, che lavora prevalentemente con colazioni e merende, «c’è molto movimento. Azzarderei a dire c’è forse c’è più gente dell’anno scorso». L’effetto “Balocchi” però, si è sentito anche qui: «Quando la Città dei Balocchi si è trasferita a Cernobbio, abbiamo visto il vero calo. Quest’anno invece va meglio».
In effetti, già ieri pomeriggio, il sole ha strizzato l’occhio e i comaschi hanno risposto, riversandosi in città. Lungo via Vittorio Emanuele e via Luini, il passo è lento: difficile passare veloci a piedi, figuriamoci in auto. Ma i segni della folla si vedono anche nella pista di pattinaggio incorniciata dai passanti, nel cartello rosso dell’autosilo comunale (esaurito alle ore 14) e nel parcheggio coperto del Valduce, quasi giunto all’orlo. Il punto è: quante di queste persone si trasformano poi in profitto per i bar? «I clienti ci sono, e sono tanti, ma sono mordi e fuggi» riferisce Francesco Tortora mentre apre e chiude la cassa della pasticceria Aida. «Ormai sono due o tre anni che, per fare lo stesso incasso di prima, devi lavorare il doppio. Ci sono clienti che si siedono al tavolino e in parte consumano i nostri prodotti, in parte portano da casa». Tortora, che lavora in piazza san Fedele da 44 lunghi anni, si dice nostalgico della Città dei balocchi e, come gli altri titolari del centro storico, non nasconde la sua preoccupazione per il futuro dei dehors. A questo però, ci si penserà dopo le feste.
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