Oggi l’ultimo saluto a Longatti: «Raffinata eleganza di pensiero»

Il ricordo I funerali del giornalista e uomo di cultura alle 9.30 al Crocifisso. Attilio Terragni: «Humour e signorilità». Cattaneo: «Attaccato alle radici»

«Signorile, elegante, un uomo senza tempo». Attilio Terragni, pronipote del grande architetto razionalista e architetto a sua volta, di Alberto Longatti (scomparso mercoledì a 92 anni, il funerale stamattina alle 9.30 al Crocifisso) ama ricordare - oltre al valore intellettuale - il tratto umano. «Aveva un grande senso dell’umorismo e una signorilità difficili da trovare a Como, uniti a una grande competenza - racconta - Un uomo senza tempo, molto raffinato, un protagonista assoluto di Como. Non c’è un candidato a prenderne il posto, si capirà con il tempo quanto ci mancherà».

Mette l’accento sul profilo umano anche Michele Pierpaoli, già presidente dell’Ordine degli architetti di Como. «Una persone di rara eleganza nei modi, nell’eloquio, nella scrittura. Ma la sua era prima di tutto eleganza di pensiero. Ascoltarlo era un piacere, eri trasportato dalle sue parole. Uno dei maggiori studiosi dell’architettura, in particolare locale, ma capace con estrema disinvoltura di metterla in relazione con un contesto più ampio». Nello studio di Pierpaoli c’è lo storico catalogo della mostra del’62 su Sant’Elia: «Penso sia stato il punto di partenza di uno studio organico su di lui e penso siano innumerevoli i suoi contributi sul tema. Fra le altre cose voglio ricordare che è stato fra i primi a valorizzare l’insieme degli astrattisti comaschi, il cosiddetto Gruppo Como. La sua collaborazione con l’Ordine è stata molto generosa e proficua».

Mai accademico

Autore prolifico, Longatti «non era mai accademico nei suoi scritti, che anzi erano attraversati da una raffinatissima sensibilità umanistica, dove le considerazioni investivano i lati più profondi dei temi che trattava. Sapeva cogliere la trasversalità fra storia, arte e architettura, argomenti che maneggiava con grandissima disinvoltura ed entusiasmo, si vedeva che erano temi che lo avevano appassionato per tutta la vita».

«Alberto era una persona straordinaria non tanto per il sapere, indubbiamente fuori dal comune, ma per il suo acume intellettuale - ricorda Damiano Cattaneo, fondatore dell’Archivio Cattaneo - e per il suo modo di essere sobrio, riservato, sempre disponibile. Un paio di mesi fa l’ho visto, e sarebbe stata l’ultimo incontro, alla presentazione di un libro di Carlo Linati: una lezione straordinaria. È stato un caro amico e una persona che ha avuto grandi meriti, non ultimo quello di aver rinunciato a essere ciò che avrebbe potuto solo per rimanere attaccato alle sue radici, testimone di una Como che stava cambiando, forse non in meglio, ed evolvendo verso il terzo millennio».

Stile comunicativo

Un’epoca, concorda l’architetto, Mario Di Salvo, in cui purtroppo «l’arte comasca non esprime più nulla», mentre Longatti aveva aderito completamente al clima del suo momento eroico : «Aveva vissuto in un dopoguerra nel quale erano vivi e presenti i superstiti dei grandi artisti comaschi degli anni Trenta. Lui aveva assorbito questi valori e con il suo stile estremamente comunicativo era riuscito a tenerli vivi e a trasmetterli, non per un fatto nostalgico ma come incoraggiamento a portare avanti la tradizione gloriosa, quasi eroica, di quegli anni. Tradizione che oggi si è completamente esaurita».

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