«Politeama, il vincolo messo per salvarlo. Rinascita possibile»

Il caso L’ex sovrintendente Artioli: «Demolizione evitata con quella decisione di trent’anni fa sullo storico teatro - Recupero difficile, ma a Milano con l’Odeon l’hanno fatto»

«L’edificio, per gli eleganti caratteri tipologici, per il suo significato storico-sociale, per il riferimento che ha avuto con la storia dello spettacolo a Como e per lo stretto rapporto che lo ha sempre legato, fin dalla nascita, alle vicende cittadine, è da considerare un rilevante bene culturale di notevole interesse pubblico». Con queste motivazioni la Soprintendenza, in base a una dettagliata relazione dell’architetto Alberto Artioli, il 12 ottobre 1987 mise il vincolo sul complesso del Politeama, inteso come teatro, caffé, ristorante e albergo. Il teatro venne chiuso nel 1985, riaprì poi nel 1988 e andò avanti prevalentemente come cinema fino al 2005.

Le decisioni

Nei documenti veniva riconosciuta l’importanza del Politeama per il legame con il suo costruttore, l’architetto Federico Frigerio (colui che avrebbe costruito il Tempio Voltiano, progettato i restauri del Duomo con la correzione dello strapiombo della facciata, il rifacimento della torre del Broletto, il restauro e la nuova facciata del palazzo vescovile). Il Politeama, inaugurato nel 1910, come si legge nella relazione allegata al vincolo, «fu realizzato in calcestruzzo armato e rappresenta uno dei primi esempi edificati in Como on questa tecnica costruttiva».

Oggi Artioli spiega il perché, poco meno di trent’anni fa, intervenne la Soprintendenza: «Venne messo il vincolo - chiarisce - quando era ancora proprietà privata perché era in dismissione e l’obiettivo era quello di evitare che un pezzo di storia della città di Como rischiasse di andare perso con demolizioni o altro. Un modo, insomma, per preservare un edificio importante per il capoluogo, non solo dal punto di vista della sua storia, ma anche perché fu il primo progettato e realizzato in calcestruzzo armato».

Lo scenario

Oggi, 25 anni dopo il lascito al Comune dell’82% delle quote da parte dell’ultimo proprietario Alfredo Gaffuri e a venti dalla chiusura definitiva (anche come cinema), l’amministrazione Rapinese (che l’ha acquistato interamente nel 2023 andando a risolvere il nodo della parcellizzazione del 20% dei privati) ha deciso di venderlo. Troppo costoso un recupero (le stime sono di 20 milioni di euro), molto complessa la gestione come teatro e polo culturale che richiederebbe ulteriori risorse e la volontà di avere fondi da destinare ad altri interventi su beni pubblici hanno portato al cambio di rotta. Il bando da circa 4 milioni di euro dovrebbe essere pubblicato nei prossimi giorni, comunque entro fine anno e il sindaco Alessandro Rapinese di è detto «ottimista» sulla possibilità di alienare il complesso.

Artioli già nel 2012 aveva lanciato un appello al Comune perché il teatro iniziava a manifestare tutto il suo degrado: «Il vincolo – racconta – è una parte della tutela ed è importante che esista. Abbiamo chiesto, prima al privato e poi al pubblico interventi di restauro e valorizzazione, ma è successo quello che è avvenuto per tanti edifici. Quando si perde la funzione, lo abbiamo visto in tanti casi, il bene deperisce. A meno che non sia il Colosseo, per gli altri è complicato intervenire senza una unzione e, forse oggi la prima cosa da fare sarebbe proprio restituirgli una funzione adeguata alla monumentalità del bene». E ancora: «Un bene vincolato non è immutabile o mummificato. Se si trovasse una funzione interessante per trainare il recupero sarebbe importante. Un privato che possa fare la sua attività, ma che farebbe anche un servizio alla città riportando il bene in condizioni ottimali. È un edificio difficile perché c’è la grande sala, ma potrebbe essere recuperata anche come centro commerciale, come si sta facendo a Milano con l’ex cinema Odeon. Inoltre era già alberghiero e ricettivo e, quindi, quelle attività potrebbero rimanere».

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