Ragazzini in carcere? Ecco le opinioni di uno psicologo, un educatore e un giurista: «Inutile e dannoso, la giustizia funziona»

Il decreto Caivano Il giurista: «Risposta emotiva». Lo psicologo Lancini: «Emerge la fragilità degli adulti». E l’educatore: «Il modello italiano va benissimo»

La giustizia minorile funziona, funzionano la messa alla prova e la giustizia riparativa. Pensare di modificarne le norme è inutile e risponde solo alle esigenze di chi vuole intestarsi un provvedimento-manifesto per scopi politici.

Lo psicologo, l’educatore, il giurista: è unanime il no al decreto Caivano, il provvedimento del governo che stringere le maglie della giustizia attorno ai ragazzini, con norme come l’arresto in caso di spaccio in flagranza, l’abbassamento della pena necessaria perché sia ammessa la custodia cautelare e il carcere per i genitori che non mandano a scuola i figli. Escluso, invece, l’abbassamento dell’età per l’imputabilità.

Un modello imitato

«L’ultima cosa di cui dovremmo interessarci è l’abbassamento della punibilità dei minori» dice Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta che al tema degli adolescenti ha dedicato il suo ultimo libro, “Sii te stesso a modo mio” (Raffaello Cortina Editore).

«Da quando faccio questo mestiere, ogni volta che si verifica un atto che sconvolge l’opinione pubblica, qualcuno impugna questo argomento. In realtà laddove questo tema è stato portato avanti c’è stato un peggioramento della situazione. Che i minori sotto i 14 anni non siano punibili non significa che non si faccia niente. Si fa tantissimo. La nostra giustizia minorile è studiata in tutto il mondo, piuttosto ci si dovrebbe interrogare se per attuarla ci sono sufficienti risorse economiche, comunità, luoghi di cura», spiega.

Il problema è anche il modello di interlocutore: «Servono adulti autorevoli, non basta mettersi a urlare che bisogna punire e gettare la chiave. Queste proposte fanno emergere la fragilità degli adulti, e porteranno a un aumento del potere orientativo dei coetanei. Servono attività di prevenzione e riabilitazione che sappiano decifrare le nuove forme del disagio giovanile: oggi i ragazzi attaccano il proprio corpo, si suicidano, anche con incidenti mascherati, si tagliano, hanno patologie della condotta alimentare, spariscono dalle scuole o praticano il ritiro sociale».

Applicare la legge

Le forme della giustizia minorile, dice Lancini, funzionano: «Serve un’applicazione della legge, la messa alla prova - un istituto di tale successo che andrebbe esteso alla giustizia adulta - permette di controllare il ragazzino e aiutarlo a capire la portata e le conseguenze del gesto che ha compiuto». E sulle sanzioni per i genitori: «Assurdo pensare di punire genitori già disperati e distrutti dai sensi di colpa».

«Se c’è una cosa che da noi funziona bene è proprio la giustizia penale minorile - dice Saverio Meroni, responsabile della comunità per minori Annunciata - sarebbe sbagliatissimo toccarla. Penso alla giustizia riparativa, alla possibilità di cercare percorsi alternativi al carcere, alla messa alla prova. Sono cose che funzionano molto bene. Forse sarebbe utile cercare di ridurre ulteriormente i tempi della giustizia minorile, che comunque già sono meno lenti di quella degli adulti».

«Naturalmente parlo per il nostro territorio - prosegue Meroni - Lavoro a Como da 13 anni ed è questa la realtà che conosco. Se c’è attenzione al fenomeno della criminalità minorile è proprio sul nostro territorio, il fenomeno delle baby gang - che pure esiste - è controllatissimo e gestito molto bene con interventi tempestivi, seri e professionali».

«Il decreto Caivano? Una risposta emotiva all’esigenza di un intervento immediato a fronte dei recenti casi di cronaca - è l’opinione di Stefano Marcolini, dicente di Procedura penale all’Università dell’Insubria e consulente del ministero della Giustizia - In realtà, se pensiamo per esempio all’omicidio del giovane musicista di Napoli, le norme già consentono provvedimenti più che adeguati, commisurati alla gravità del reato, compresa la custodia cautelare. Certo, non sarà possibile punire il responsabile come un adulto, perché bisognerebbe modificare la definizione di minorenne data dal Codice penale».

L’unico pregio del decreto, prosegue il professor Marcolini, è che pone il problema educativo: «Certo, lo fa alzando le pene per i genitori che non adempiono all’obbligo scolastico, quando servirebbe un’opera più incisiva e profonda, ma è un intervento prodromico. Il punto è che lo strumento con cui intervenire non è il diritto penale, dovrebbero essere gli investimenti e la formazione, che non si fanno con un decreto legge. Invece ancora una volta si è voluta dare una risposta facile a problemi difficili, ci siamo ripuliti la coscienza invece che agire sul senso civico, la consapevolezza e il degrado».

© RIPRODUZIONE RISERVATA