
(Foto di archivio)
Il fatto All’epoca in cui ha commesso i crimini il comasco, attualmente residente in centro, aveva sedici anni e ora il giudice ha previsto per lui un percorso di recupero
Como
In tre settimane aveva portato a termine, secondo quanto era stato ricostruito dalle forze di polizia, quattro rapine riuscite e una tentata, creando scompiglio nella zona del Tempio Voltiano dove – soprattutto nelle sere di giugno e luglio – si radunava la movida cittadina, con molti ragazzi anche giovanissimi a trascorrere in compagnia la serata.
In rapida sequenza, partendo da una vicenda del 24 giugno 2023 che era finita sui giornali per la violenza con cui erano state aggredite le vittime, sulla lista delle contestazioni erano finiti episodi analoghi del 9 luglio, poi ancora dell’11 e del 12 sempre di luglio per finire con l’ultimo del 14 luglio. Rapine che, nel pieno delle serate di festa al Tempio Voltiano, venivano portate a termine con modalità spesso identiche. Gli aggressori circondavano la vittima designata, poi intimavano di consegnare il portafoglio o comunque quanto aveva e in caso negativo aggredivano il malcapitato con spintoni e pugni, fino ad ottenere quanto voluto. Rapine non di importi elevati ma al massimo di qualche decina di euro. In un caso, finito nell’indagine proprio la sera del 24 giugno, a sparire era stata anche una carta di credito con cui erano stati fatti pagamenti da 16 euro.
Le indagini di questi mesi hanno permesso agli inquirenti di arrivare ad attribuire le responsabilità ad almeno due soggetti entrambi minorenni. Il primo ha già definito la propria posizione, mentre il secondo – che oggi ha 18 anni ma che all’epoca dei fatti ne aveva 16 – è finito ieri mattina di fronte al giudice del Tribunale per i Minorenni di Milano. Si tratta di un ragazzino noto per una lunghissima serie di episodi di cronaca, residente in centro e di seconda generazione.
Nell’udienza che si è tenuta nel capoluogo meneghino, assistito dall’avvocato Christian Galantucci, ha chiesto e ottenuto dal giudice la messa alla prova che è stata stabilita di una durata di 18 mesi. Il giudice ha disposto un percorso di recupero che comporterà anche l’esecuzione di lavori socialmente utili. Solo al termine di questo periodo, se l’esito della messa alla prova dovesse essere ritenuto soddisfacente, i reati potrebbero essere dichiarati estinti.
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