Tredici anni all’estero, ora il ritorno all’Insubria forte di un bando europeo: ricercatrice comasca ospite da Fazio

L’intervista Lucia Caspani, una laurea in fisica e una lunga carriera all’estero: ora la decisione di rientrare nella“sua Como e all’insubria

Applausi, standing ovation e tanti complimenti per la carriera fin qui costruita e per tutto quello che verrà. Così è stata accolta nello studio di “Che tempo che fa” la fisica comasca Lucia Caspani, pronta a tornare all’Università dell’Insubria dopo un periodo di 13 anni all’estero. E, è proprio il caso di dirlo, non lo farà a mani vuote: Caspani, infatti, è risultata vincitrice di un progetto “Erc Consolidator”, un bando del Consiglio di ricerca europeo che prevede un finanziamento di quasi due milioni di euro e una durata di 5 anni. Domenica sera, intanto, il suo volto ha conquistato lo studio di Fabio Fazio e Luciana Littizzetto, in diretta in prima serata sul canale Nove. Per Caspani, la fisica è sempre stata al centro della sua vita, pur senza trascurare la famiglia: al suo fianco infatti c’è sempre il marito Matteo Clerici, anche lui fisico, con il quale ha fatto lo stesso liceo, università e ora il percorso lavorativo. Insieme a loro i figli Andrea e Marina, 11 e 7 anni.

Che emozione ha provato nel tornare in Italia, per di più in diretta in uno studio televisivo?

È andata molto bene, è stata una bella esperienza, diversa da quella a cui siamo abituati nel nostro campo. Una cosa unica, dopo aver superato l’iniziale tensione. Sono stati tutti carini e simpatici.

Lei è un esempio di “cervello in fuga” che poi, alla fine, ha deciso di tornare in patria, nella sua Como.

Non parlerei di fuga. Io e mio marito ci siamo laureati insieme dopo aver fatto lo stesso liceo, poi abbiamo deciso di fare un’esperienza all’estero per allargare i nostri orizzonti. Quando siamo partiti non avevamo le idee chiarissime. Siamo stati in giro tredici anni e ci siamo sempre mossi insieme. Prima in Canada, poi Scozia, a Edimburgo e Glasgow. Finché non abbiamo pensato che sarebbe stato bello rientrare, anche per avvicinare i bambini alla nostra famiglia.

In cosa consiste il suo progetto?

Prenderà avvio in primavera e si intitola “Quantum-enhanced nonlinear imaging (QuMIm)”. Intende trasformare il campo dell’imaging non lineare e della microscopia usando la sovrapposizione quantistica di due o più fotoni che si comportano come una singola particella. Le potenziali applicazioni di questa nuova tecnica sono molte, per esempio lo studio del funzionamento del cuore o del tessuto cerebrale, fondamentali per fronteggiare malattie come Alzheimer o infarto.

Una passione di famiglia quella per la fisica.

È vero. Io sono originaria di Cadorago, Matteo di Mariano Comense. Abbiamo davvero fatto tutto insieme fin dalle superiori, abbiamo la stessa passione. I bambini però hanno la loro personalità, capacità e qualità, vogliamo che scelgano da soli, un domani, che strada prendere.

Quanto vi è mancata Como?

Tantissimo. Ora che siamo di nuovo qui, ci rendiamo conto di quanto siano belli il cielo azzurro e le montagne. La Scozia ci ha dato tanto e siamo molto legati a quei posti, ma la visione comasca è un’altra cosa.

Ora è tornata da dove tutto è iniziato, l’Insubria.

Sì, io sono stata studentessa e poi dottore di ricerca in fisica all’Università dell’Insubria a Como, quindi mi sono trasferita. Ora ho scelto di tornare al Dipartimento di Scienza e alta tecnologia di Como diretto da Michela Prest. Sia io che mio marito abbiamo avuto un’ottima esperienza per quanto riguarda l’istruzione universitaria, che è stata molto apprezzata all’estero. Gli studenti formati in Italia hanno una marcia in più e questo viene riconosciuto. Anche studiare all’estero ha dei vantaggi, ma noi avevamo un valore aggiunto molto forte. Abbiamo scelto di tornare in una università piccola e giovane, soprattutto per il rapporto tra numero di studenti e professori. Una cosa, quella di evitare classi troppo numerose, a cui si fa attenzione anche nelle migliori università anglosassoni. I ragazzi vengono seguiti meglio e gli si dedica più tempo. Anche dal punto di vista della ricerca, c’è un’eccellenza all’Insubria. Un’università molto forte.

È stata una vita di sacrifici, la vostra?

Sacrifici sì, ma come tutte le famiglie in cui si lavora in due. Abbiamo avuto tante soddisfazioni, oltre alla possibilità di conoscere tante persone interessanti. Se tornassimo indietro, rifaremmo tutto.

Quindi, ai giovani di oggi, consiglierebbe un’esperienza all’estero?

Se c’è la possibilità sì, lo suggerirei. Dà una prospettiva interessante, sia nel campo della ricerca che nella vita di tutti i giorni.

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