Scheggia di vetro nel corpo della vittima. L’autopsia aggrava la posizione di Omar

Il delitto Rilevata parte di un’etichetta compatibile con la bottiglia prelevata da Querenzi. L’elemento si va ad aggiungere alle immagini delle telecamere e ai racconti dei testimoni

Un frammento di vetro rimasto nel collo. Un reperto minuscolo, con attaccata però la piccola parte di una etichetta con tre lettere, perfettamente compatibile con la bottiglia di vino che alcuni testimoni avevano visto prelevare da Omar Querenzi tra i rifiuti lasciati in via Magni vicino ad un cassonetto.

Il frammento di vetro in questione è stato estratto dai medici anatomopatologi di Pavia nel corso dell’autopsia effettuata sul corpo di Giuseppe Mazza, l’uomo ucciso mentre si trovava a bordo della propria auto in un parcheggio esterno alla scuola di via Giussani. Questo ulteriore dettaglio confluisce tra le carte dell’inchiesta a carico dell’indagato, indagine che ogni giorno che passa aggiunge qualche ulteriore elemento sul suo conto.

Telecamere e non solo

La storia di questa bottiglia di vino rosso, insomma, finisce con l’essere importante tanto quanto quella delle telecamere che hanno ripreso il sospettato entrare nel parcheggio e poi allontanarsi, dopo circa 26 secondi. Il tempo sufficiente, ritiene la pubblica accusa, per ammazzare Mazza e andarsene. Quelle immagini sono importanti, forse anche fondamentali. Collocano il sospettato nel punto del delitto, all’ora in cui questo è stato compiuto. Però – nella ricostruzione di questa storia di violenza barbara e gratuita – finiscono con l’acquisire un peso specifico fondamentale anche i dettagli come quelli legati alla bottiglia in questione di cui già scrivevamo scritto nei giorni scorsi. Prima cioè che dall’autopsia uscisse questo nuovo e importante elemento.

- Leggi anche: «Il nipote di Giuseppe Mazza: “Gli inverni in casa e le estati in auto. La strana vita di mio zio”»

Il frammento di vetro trovato nella ferita alla gola di Mazza, che è morto per lo shock emorragico successivo all’abbondante perdita ematica legata al profondo taglio al collo, proviene dalla stessa bottiglia di vino che la squadra Mobile ha recuperato sparsa un po’ ovunque tra via Magni (dove Omar era stato visto da testimoni prelevarla e poi romperla), la mano della vittima (dove era rimasta un’altra parte dell’etichetta) e la parte alta di via Giussani dove gli agenti della polizia avevano trovato il collo della bottiglia, verosimilmente impugnato dal sospettato del delitto per colpire e poi abbandonato durante la fuga. Ed è della stessa provenienza anche la lama di vetro che era rimasta nelle mani del ragazzo di El Salvador, colpito sempre al collo da Querenzi (ripreso dalle telecamere) poco prima di commettere, sostengono gli inquirenti, l’omicidio.

Gli orari

I dettagli, dicevamo: anche le ore combaciano. I tentato omicidio del giovane centroamericano è stato ripreso dalle telecamere alle 11.58 dell’11 agosto, mentre alle 12.04 le telecamere della scuola riprendono Omar entrare nell’area dove era in sosta l’auto della vittima, per poi allontanarsi solo 26 secondi dopo. Tutto assolutamente possibile, visto che tra i punti delle due aggressioni ci sono solo meno di 200 metri di strada. Diversa era stata invece la bottiglia utilizzata da Querenzi per compiere i primi due assalti al ragazzino vicino all’ospedale e, pochi attimi dopo, al McDonald dove una famiglia era stata “solo” minacciata sempre con un coccio di vetro. Vuol dunque dire che nel percorso compiuto tra Lazzago e via Giussani il sospettato si è di nuovo riarmato. Secondo i testimoni nel cassonetto di via Magni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA