Il nipote di Giuseppe Mazza: «Gli inverni in casa e le estati in auto. La strana vita di mio zio»

La testimonianze Parla il nipote dell’uomo ucciso in via Giussani a bordo della sua macchina : «Era orgoglioso, non chiedeva mai nulla. Ogni mattina si presentava da sua sorella per il caffè»

Como

«Era un uomo orgoglioso, uno a cui non piaceva dipendere da nessuno». Così, il nipote – figlio della sorella – ricorda la figura di Giuseppe Mazza, il pensionato di 76 anni ucciso giovedì in via Giussani. Il racconto contribuisce a fare finalmente un po’ di chiarezza su una storia non proprio ordinaria, quella di un uomo in pensione da una quindicina d’anni - dopo aver trascorso gran parte della vita a lavorare in varie ditte sia come magazziniere sia come autista - che aveva fatto scelte di vita decisamente diverse.

La mattina beveva il caffè con la sorella

Nonostante le origini valtellinesi (era nato a Mantello), Giuseppe ha vissuto l’intera sua esistenza ai quartieri di Rebbio e Breccia, dove tuttora vive la sorella alla quale era da sempre parecchio legato: «Proprio per quel suo spirito indipendente, per la volontà di non dover chiedere nulla a nessuno, mio zio negli ultimi anni preferiva dormire in macchina durante la stagione calda... Nei mesi più freddi, invece, stava da mia madre almeno fino all’arrivo della primavera». Tutti breccesi, i parenti. «Lo zio – ricorda sempre il nipote – si presentava comunque ogni mattina da sua sorella per fare colazione con un caffè e per lavarsi. Poi salutava e usciva di nuovo alla volta di quel suo mondo fuori dall’ordinario, sempre un po’ perso com’era nei suoi pensieri. È vero, gli piaceva l’enigmistica, gli piacevano le parole crociate. Aveva una sua routine, dalla quale non derogava». L’ultima casa in cui aveva vissuto era stata anche l’unica che lo aveva portato fuori dal suo quartiere. Aveva vissuto in via XXVII Maggio, la cosiddetta Valfresca, prima che uno sfratto lo costringesse ad altre scelte. Percepiva una piccola pensione, qualche euro in più della minima, non molti soldi, quelli che comunque gli bastavano per campare. Anzi: quando in passato, dopo avere lasciato la sua ultima casa, gli era capitato di essere ospite di qualche nipote, quel denaro gli era servito per dividere affitto e spese, oltre che, fino all’ultimo giorno della sua vita, per le piccole incombenze di ogni giorno: un giornale, le sigarette, un bicchiere di vino: «Era quella la sua vita – continua il nipote –, la vita che aveva scelto e che desiderava vivere. Certo, per tutti noi sarebbe stato più semplice se fosse andato a stare con mia madre, sua sorella, che vive sola... Lei lo avrebbe accolto a braccia aperte. Ma lo zio era fatto così».

«Ha vissuto la vita che desiderava»

La salma di Giuseppe Mazza è ancora “a disposizione dell’autorità giudiziaria”, come si dice in queste circostanze. Prima che possa essere restituita ai familiari per l’eventuale funerale e la successiva sepoltura, bisognerà aspettare che siano stati completati gli accertamenti autoptici. Il via libera potrebbe arrivare dopo Ferragosto. Sempre oggi, intanto, il giudice per le indagini preliminari Walter Lietti dovrebbe “salire” in carcere per incontrare Omar Querenzi, l’uomo di 33 anni arrestato per il tentato omicidio del giovane salvadoregno ferito alla fermata dell’autobus e indagato per la morte di Giuseppe. Querenzi dev’essere sottoposto a interrogatorio di convalida del fermo. Sarà l’occasione anche per verificarne le condizioni psicofisiche e se davvero, come si è detto in questi giorni, fatichi a ricordare le 24 ore di sangue vissute tra mercoledì e giovedì.

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