Sergio Gaddi commenta i risultati ottenuti alle Regionali: «Coerenza e cultura
sono state premiate»

Intervista Sergio Gaddi è l’ex assessore eletto per Forza Italia: «Giusto dare una mano al partito. E lunedì mi ha chiamato Berlusconi»

Berlusconiano dal 1993, è sempre rimasto in Forza Italia. Sergio Gaddi, commercialista, curatore di mostre e assessore alla Cultura dal 2002 al 2012 è stato eletto in consiglio regionale.

Partiamo dalla fine. A un berlusconiano di ferro come lei è arrivata una telefonata da Arcore?

Sì, lunedì in tarda serata quando i risultati si sono delineati in modo preciso. Ho avuto le congratulazioni del presidente, della coordinatrice regionale Licia Ronzulli e del deputato del nostro territorio Paolo Emilio Russo. Poi oggi (ieri, ndr) quelle di Alessandro Cattaneo, capogruppo alla Camera.

Perché ha deciso di candidarsi nonostante quasi nessuno pensasse che sarebbe scattato il seggio?

Perché me lo diceva sempre mio papà al quale dedico questa vittoria (è scomparso nel 2017, ndr). E poi questo era il momento di dare una mano concreta al partito che trent’anni fa mi ha candidato per la prima volta al Comune di Como.

In un momento di difficoltà...

In realtà ho sempre creduto che Forza Italia tenesse, cosa che è avvenuta. D’altra parte siamo stati i primi ad avere l’emozione di superare il 30%, poi è toccato alla Lega e quindi a FdI, sono cicli storici. Ma l’importante è che il centrodestra nel suo complesso sia forte.

Tra le parole che ha scelto per la sua campagna elettorale c’è la coerenza. Lei dal 1993 a oggi non ha mai cambiato idea. Ci racconta come è iniziata?

Conobbi Berlusconi nell’ottobre nel 1993 per la mia tesi di laurea in Economia alla Bocconi sul gruppo Fininvest. Un capitolo prevedeva una mia intervista al presidente e così lo incontrai ad Arcore. Non avevo, ovviamente, la minima idea di cosa stesse succedendo politicamente, quando chiacchierando con lui, mi parlò del suo progetto e così gli chiesi se potevo collaborare. Mi mandò nella prima sede di Forza Italia, in viale Isonzo a Milano, e diventai un selezionatore dei candidati per il Parlamento. L’anno successivo, tessera alla mano, mi candidai in consiglio comunale a Como e venni eletto. Questa vicenda la ricordo solo per dire che la coerenza in politica è un valore importante e sono convinto che la gente la percepisca e, quindi, la premi.

Poi c'erano altre due “c”, competenza e cultura. Lei ha fatto una campagna elettorale “anomala” basata su spettacoli d’arte. Alla fine la cultura per cui si è tanto speso inventandosi le grandi mostre a Villa Olmo è stato il motivo che l’ha premiata?

Sono molto orgoglioso della mia campagna elettorale, della sua sobrietà e soprattutto del fatto di aver avuto l’opportunità di offrire un contenuto d’arte alle persone che venivano ad ascoltarmi e che , quindi, hanno potuto apprezzare qualcosa della vita di un grande artista o di opere importanti. Non dimentichiamo che grazie a politiche culturali illuminate abbiamo capolavori universali, come ad esempio il Rinascimento.

Avrebbe immaginato che le mostre di Villa Olmo, a più di dieci anni di distanza, le portassero ancora questo consenso?

È stato un periodo talmente bello e ricco per la nostra città che ero sicuro che non sarebbe stato dimenticato. Moltissimi ancora oggi rimpiangono Rubens, Magritte e i tanti capolavori portati a Villa Olmo.

Lunedì per lei è stato un pomeriggio complicato per le preferenze. Prima i piccoli Comuni, poi il Marianese e infine il plebiscito della città che l’ha portata al primo posto con uno scarto di 500 voti. Come l’ha vissuto?

Con una certa apprensione. Fortunatamente ho avuto preferenze in tutta la provincia e questo è stato essenziale, anche se è chiaro che il risultato di Como è stato determinante.

Sa che secondo alcuni il partito a livello provinciale ha scelto di sostenere altri candidati?

L’importante è che sia stato dato il voto a Forza Italia che, in questo modo, ha favorito anche me. Ben venga la competizione.

Ma è vero che lei non è mai stato al Pirellone, se non per delle mostre?

È verissimo che non sono mai stato nell’aula del consiglio regionale. Sono andato invece molte volte al Pirellone per visitare delle mostre.

Se le offrissero un posto di assessore alla Cultura cosa direbbe?

Sarei felice che gli assessorati venissero indicati esclusivamente in base al criterio della competenza, ma è evidente che per ruoli di tale importanza in Lombardia le scelte vengono prese dai vertici dei partiti. G. Ron.

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