Stadio, il Como ci crede
E spunta l’hotel

Il Ceo del Como Gandler cita questo particolare in una chiacchierata sul progetti futuri dell’area. «Abbiamo capito che al Comune interessa l’operazione». Poi. «Priorità alla sicurezza. Buona notizia lo sconto»

Eppur (qualcosa) si muove. Sulla questione stadio non è tutto fermo come potrebbe sembrare. Ed è già qualcosa, in una città che ha perso molti treni e molte scommesse per immobilismo. Riassunto delle puntate precedenti: a Como è arrivata una proprietà seria, ben intenzionata a riportare la squadra di calcio della città nel calcio che conta. A patto che si riesca a trasformare l’attuale Sinigaglia in un impianto moderno, nuovo, appetibile, ospitale e soprattutto commercialmente remunerativo. Tra Ticosa, paratie, tangenziali varie e tutto quello che sappiamo, sono molti che scometterebbero più di un euro sul fallimento di tutto il progetto. E sulla ritirata della proprietà ambiziosa (ah, per chi non se ne fosse accorto: soldi indonesiani del magnate Rubi Hartono e gestione americana del manager Michael Gandler).

Dicevamo che qualcosa si muove. La fiammella è accesa. Secondo i tam tam dei bene informati, specie delle cose di Palazzo Cernezzi, le parti, cioè il Calcio Como ed esponenti del Comune si sarebbero incontrati più volte per decidere il da farsi. Erano spuntati ben cinque gruppi che si erano detti interessati alla realizzazione del progetto. Adesso c’è già stata una scrematura: ne sarebbero rimasti in piedi solo due, di questi gruppi. Di più: uno starebbe a cuore a Gandler, e si tratterebbe del gruppo trainato in città dall’imprenditore immobiliare Ugoni. L’altro sarebbe invece un gruppo straniero, quello che si sta occupando anche della nascita del nuovo stadio si San Siro. Uno dei prossimi scogli operativi sarà quello di stabilire chi sarà l’interlocutore.

Sin qui le indiscrezioni. Poi ci sono i fatti. E per tali, possiamo considerare le parole dello stesso Ceo Gandler, ieri allo stadio poco prima di Como-Albinoleffe. Gandler, innanzitutto ha detto: «La prima pietra è rappresentata dall’interesse del Comune. Avrebbe potuto andare diversamente, avremmo potuto trovarci nel ruolo di questuanti, di dover trascinare una città a fare una cosa non necessaria. Non è così. Nel corso degli incontri con gli assessori che abbiamo avuto, abbiamo avuto la netta percezione di un interesse reale per la questione».

Eppure rendering, o progetti su carta non ce ne sono. «Troppo presto. Io posso far vedere un rendering di una casa, ma voi sapreste dire quante stanze ci sono all’interno? Il rendering fa scena, ma noi preferiamo lavorare in un’altra maniera. Prima, serve un approfondito studio di fattibilità, sulla trasformazione dell’area a livello urbanistico, se si può fare un hotel, queste cose qui». Ora: la frase «se si può fare un hotel» Gandler la ripete ben due volte nel corso della chiacchierata, sembra una specie di modo di dire, di intercalare, un esempio teorico. Eppure ci ricordiamo bene le parole che disse più volte Massimo Nicastro, ex presidente del Como, quando portò l’indonesiano Suwarso (braccio destro del proprietario) a vedere la città: «Vorrebbero fare un hotel, magari al posto dell’hangar». Comunque Gandler preferisce parlare del presente: «La mia priorità è mettere in sicurezza lo stadio. Prima parlavo di ospitalità, ma adesso parlo di sicurezza. Piove dentro, si scivola sul marmo, mi aspetto che da un momento all’altro possa crollare una parte del tetto, magari in testa a qualcuno... So che il Comune ha approvato lo scomputo per i lavori necessari. È una bellissima notizia: possiamo pensare in modo operativo. Del resto ogni settimana facciamo una riunione su come migliorare le cose». E il problema dei seggiolini obbligatori dal ’20/’21? «Non ne abbiamo ancora parlato». Viva la sincerità.

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