Tenta la violenza in treno, ma è sparito dopo la condanna di sei anni

La sentenza Confermati in appello i sei anni nei confronti di un giovane nigeriano di cui si sono perse le tracce. Nel 2019 aveva aggredito una ragazza che era riuscita a sfuggirgli e a chiedere aiuto dopo l’arrivo a San Giovanni

Appena salita sul treno numero 25060 che da Lissone conduce a Como San Giovanni, era il pomeriggio del 12 febbraio 2019, si era sentita osservata da un ragazzo che era da solo nel vagone con lei.

Aveva cercato di allontanarsi, senza fare in tempo. Il giovane l’aveva presa alle spalle, l’aveva scaraventata sui sedili, spogliata e infine tentata di stuprare dopo averle strappato le mutandine. La vittima, disperata, non riuscendo a sopraffare il proprio aggressore con la forza, aveva escogitato (con sangue freddo) uno stratagemma. Mentre lui la portava con violenza verso il bagno del vagone, aveva finto di “starci”, assecondandolo. Poi gli aveva fatto credere che non si sarebbe opposta, chiedendo solo di trovare un posto più appartato.

Senza fissa dimora

Alla fine – con il treno giunto a Como San Giovanni – l’aveva convinto a scendere dal vagone e ad aspettarla sulle scale mentre cercava un posto dove avere un rapporto sessuale. Lui le aveva creduto, anche perché la ragazza gli aveva consegnato il proprio cellulare. Pochi attimi dopo tuttavia, sul ragazzo piombarono gli agenti della Polizia Ferroviaria avvisati proprio dalla giovane che – una volta libera – aveva chiesto aiuto ad un tassista e poi, grazie a quest’ultimo, alla Polfer. La storia di ordinaria violenza si è conclusa in queste settimane con la sentenza che è diventata definitiva dopo che la difesa non ha portato il caso in Cassazione. Rimangono dunque le due condanne che il giovane, Deji Adeboye, nigeriano che oggi ha 27 anni ma che all’epoca dei fatti ne aveva 24, ha rimediato sia in tribunale a Como, di fronte al Collegio lariano, sia in Appello: sei anni di reclusione in entrambi i casi, sentenziati in città e ribaditi a Milano.

Peccato tuttavia che dello straniero, senza fissa dimora e all’epoca dell’abuso indagato a piede libero, si siano perse da tempo le tracce. Le udienze, insomma, sono sempre state fatte in sua assenza con la presenza solo degli avvocati Andrea e Raffaele Donadini. La ragazza, di origine brianzola, 24 anni, era salita sul treno a Lissone ed era diretta a Como per trovare un’amica. L’abuso era iniziato mentre il treno si avvicinava a Como San Giovanni. Una violenza barbara, con palpeggiamenti nelle parti intime e le mutandine strappate.

Quando la giovane era riuscita a scendere dal treno, lasciando l’aggressore seduto sulle scale della stazione – aveva usato un nome di fantasia, “Melissa” - aveva chiesto subito aiuto ad un tassista che a sua volta aveva allertato la Polfer. Gli agenti erano riusciti ad arrivare allo straniero, chiedendogli in via preliminare cosa facesse in quel punto. E i giovane nigeriano, senza sapere, aveva dato implicita conferma di essere lui il sospettato: «Aspetto una amica, si chiama Melissa», aveva risposto.

I controlli al pronto soccorso

Le indagini, il referto medico del pronto soccorso del Sant’Anna (che aveva rilevato sulla ragazza segni di violenza e contusioni all’altezza del seno e delle parti intime) e pure le mutandine strappate, che furono repertate, finirono poi negli atti di indagine al pari della denuncia della vittima e di una ulteriore integrazione.

Materiale che ha portato alla condanna di sei anni, ma non a fare un solo giorno di carcere per il nigeriano nel frattempo scomparso nel nulla.

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