“The Life Electric”, dieci anni dopo divide ancora Como

Dibattiti L’opera di Libeskind fa discutere anche oggi Brunati: «Possiamo dirlo: è stato un regalo ben riuscito» - Pandakovic: «Rimane un oggetto senza significato»

C’è chi la definisce un simbolo della città e chi la ritiene una scultura muta: per dieci anni “Life Electric” è rimasta sotto gli occhi di chi a Como ci vive tutto l’anno e di chi ci passa solo qualche ora. Ma, ancor prima di essere portata in punta alla diga, aveva già dato una scossa al dibattito pubblico. Ora che ci si avvicina al decimo compleanno, alcune delle personalità che si schierarono a favore e contro la “figlia” di Daniel Libeskind tornano a parlarne.

Riappropriarsi della diga

Tra di loro c’è Lorenzo Spallino, l’assessore con delega all’Urbanistica che seguì il progetto da cima a fondo: «C’è voluto Libeskind per collocare un’opera come Life Electric alla fine della diga foranea, invitando la gente a riappropriarsi della scena» racconta. L’altro “padre” del progetto è Daniele Brunati, all’epoca coordinatore degli “Amici di Como”, che insieme a Consorzio Como Turistica hanno donato l’opera al Comune e alla città: «A distanza di 10 anni, possiamo dire che è stato un regalo ben riuscito. “Life Electric” è diventata un’attrazione turistica di prim’ordine» riferisce. La cosa più difficile è stata «far dialogare sogno, tecnica, ingegneria e burocrazia e convincere che fosse possibile realizzare un’opera così innovativa in un luogo tanto delicato» continua Brunati, ricordando la grande discussione che divise i comaschi. Ad un certo punto spuntò persino una lettera pubblica, in cui intellettuali e architetti ritenevano la collocazione sulla diga «assolutamente da evitare». Tra le firme c’era anche quella dell’architetto Darko Pandakovic, ad oggi rimasto fedelissimo alla sua perplessità: «È un oggetto senza significato, l’unico aspetto positivo è che ha indotto un flusso di persone sulla diga. Ma se dovessimo chiedere che cosa esprime, difficilmente avremmo una risposta». Insomma, se i turisti si spingono fino alla fine, è perché «qualsiasi cosa si metta in un punto così strategico diventa interessante. Si poteva fare lo sforzo di aprire un concorso tra artisti». Sulla dinamica dietro alla realizzazione, Pandakovic mette in guardia: «Como ha più di 2000 anni, ma sembriamo una città di pezzenti, che prostra ogni senso critico davanti alla ricchezza e a tutto ciò che arriva gratuitamente. E questo atteggiamento servile si sta ripresentando sulla questione dello stadio».

Altro firmatario era l’architetto Angelo Monti, secondo cui le polemiche si sono stemperate, ma ciò «non significa che le criticità avvertite non fossero corrette e legittime. Life Electric è, nel bene e nel male, parte del paesaggio urbano. Sicuramente della selfie-bulimia dell’overtourism».

Zona rivalutata

Al di là dell’estetica – su cui ciascuno ha un giudizio - per tutti “Life Electric” è «un’opera urbanisticamente riuscita». Lo spiega Clemente Tajana, ex ingegnere capo del Comune e docente: «Prima la diga era mal frequentata, mentre ora è rivalutata. Ci vanno gli anziani, le coppie, i bambini. La panchina circolare ha reso questa passeggiata un luogo di aggregazione, da cui si può godere ogni aspetto del paesaggio». Paradossalmente, la collocazione del monumento, che era il punto doloroso del dibattito, «è stata la cosa più azzeccata».

Oltre a Tajana, anche Barbara Minghetti rimane sostenitrice del monumento, soprattutto della modalità con cui è stato portato in città: «La collaborazione tra pubblico e privato è stata positiva e potrebbe tornare ad essere un’opportunità». Lo stesso Spallino racconta che nel 2015 «eravamo agli albori del partenariato pubblico-privato». «Se ricapitassero opere importanti come questa – continua Minghetti - dovremmo inserirle in una visione generale della città, non isolando il singolo elemento». Insomma, la collaborazione tra pubblico e privato è andata liscia ma, come ricorda Laura Bordoli di Famiglia Comasca, «c’era la paura che l’opera potesse non inserirsi bene nel paesaggio. Gli anni hanno poi constatato il contrario. Siccome è un omaggio a Volta e siamo vicini al bicentenario, teniamola in considerazione». A questo proposito anche Brunati lancia un appello: «Da quando l’opera è passata nelle mani del Comune quattro anni fa, la manutenzione non è stata quella che un’icona internazionale dovrebbe avere. Oggi che sono già iniziati gli eventi per celebrare il bicentenario di Volta, sarebbe il momento ideale per riportarla al massimo».

Per ora “Life Electric” resta lì, a dividere la città dal lago, e i sostenitori dagli oppositori, come in una danza tesa tra polo positivo e negativo, quella a cui Daniel Libeskind si era ispirato.

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