Violenza sessuale e frustate alla moglie: condannato

La sentenza Sette anni e otto mesi di carcere a un uomo di 59 anni

Violenza sessuali e abusi di ogni tipo contro la moglie sono costati una condanna a quasi otto anni di carcere a un italiano di 59 anni. Lui la costringeva a sottostare a ogni genere di pratiche sessuali estreme e violente, lei - fino a un certo punto - non aveva il coraggio di ribellarsi.

Quando l’ha fatto ha però fatto partire un procedimento che si è concluso ieri mattina in Tribunale a Como, con la condanna del marito a 7 anni e 9 mesi di carcere (contro i 9 anni chiesti dalla pubblica accusa) per i reati gravi di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e lesioni in danno della moglie. Donna che si è costituita parte civile assieme ai figli (assistiti dagli avvocati Michele Re e Eleanna Ceniccola) a cui il Collegio giudicante ha riconosciuto il risarcimento del danno. Secondo il capo di imputazione, portato in aula dal pubblico ministero Antonio Nalesso, l’uomo – nel corso di pratiche sessuali estreme, non volute dalla consorte – la legava, la frustava, la imbavagliava, la immobilizzava con le manette, le metteva al collo il collare per i cani e poi la costringeva a rapporti non consensuali, in cui la vittima non poteva opporsi e in cui il marito la apostrofava con frasi come «devi fare quello che dico io, devi sottometterti all’uomo».

Paura di ribellarsi

La donna invece non aveva alcuna intenzione di sottomettersi al marito, ma aveva anche paura a ribellarsi, almeno fino alla denuncia sporta di fronte ai carabinieri della Compagnia di Como nel gennaio del 2017. Non sono solo queste, tuttavia, le accuse. Perché all’uomo vengono contestate anche una contusione a un seno inferta alla compagna (con una prognosi di 10 giorni), minacce per impedire alla donna di recarsi al pronto soccorso, minacce di portare via i bambini in caso di segnalazione ai carabinieri, ed anche l’apertura di un gruppo sui social in cui gli uomini venivano invitati a inviare alla moglie le foto delle loro parti intime.

Le contestazioni sono più lunghe, tutte avevano l’importante base di partenza di non essere condivise, non essendo la moglie consenziente. Facile dunque immaginare lo stato di prostrazione non solo fisica ma anche psicologica in cui per mesi la vittima era stata costretta a rimanere.

Il verdetto

Tutto, occorre sottolineare, secondo la denuncia sporta dalla moglie, ma anche nei successivi riscontri e dei racconti dei figli poi confluiti nel capo di imputazione della procura di Como. L’imputato era atteso ieri mattina in aula, dove avrebbe dovuto riferire la propria posizione. Invece non si è presentato.

Il Collegio giudicante ha così passato la parola alle parti per concludere, con una richiesta di condanna che il pm Nalesso ha quantificato in nove anni. La sentenza è stata invece solo di poco più bassa, 7 anni e 9 mesi in attesa di leggerne le motivazioni e di valutare l’eventuale l’intenzione della difesa di ricorrere di fronte ai giudici di secondo grado per cercare di modificare il pesante verdetto.

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