
Cultura e Spettacoli / Como città
Mercoledì 09 Luglio 2025
Basta turisti in canottiera a teatro. Minghetti: «Al Sociale mai successo»
Regola Alla Scala la decisione di vietare l’ingresso per chi indossa abiti troppo disinvolti . Nessuna restrizione prevista a Como: «Le persone sanno di essere in un contesto speciale»
Era una cosa da nobili, un’occasione culturale che si trasformava anche in una vetrina sociale dove spiccava chi si presentava indossando gli abiti più sfarzosi. Quando prese piede la borghesia, vestirsi “a modo” era la quintessenza del superamento di una barriera, per segnalare il proprio passaggio di grado, simboleggiato dall’ingresso dal portone principale del teatro in frac, cilindro e guanti bianchi, per i signori, naturalmente in abito da sera lungo, per le signore.
E la plebe? C’era il loggione dove, naturalmente, non ci si poteva aspettare un trionfo di alta sartoria, ma chi poteva permettersi quei posti popolari, tendeva a indossare il proverbiale “vestito della domenica”, quello della messa e delle altre occasioni importanti, sperando di non sfigurare troppo. Insomma, attori in costume sul palcoscenico, pubblico in costume nel teatro della vita.
Obblighi e novità
Con il tempo la rigidità del rispetto del “dress code” è venuta meno nei teatri, ma anche se non è più imposto l’obbligo di giacca e cravatta agli uomini, è raro vedere in sala “un jeans e una maglietta” come nella popolare canzone di Nino D’Angelo.
Raro, ma non impossibile e, così, tra mille commenti, il più importante teatro di tradizione d’Italia (d’Europa, del mondo), la Scala di Milano, ha annunciato che, d’ora in avanti, farà rispettare strettamente quelle regole d’accesso che ci sono sempre state, ma che non venivano applicate con sufficiente rigore, almeno secondo il parere del nuovo sovrintendente, Fortunato Ortombina, arrivato da un’altra sede teatrale prestigiosissima, La Fenice di Venezia, e, in passato, già coordinatore artistico del Piermarini. Com’è la situazione a Como? Il Teatro Sociale, soprattutto negli ultimi anni, vuole essere “sociale” sempre più anche di fatto, senza rigidità, ma questo non significa che si attendono spettatori in ciabatte infradito.
«Ricordo il nostro caro Romano Pozzana, per decenni alla guida delle maschere, che riprendeva chi si presentava con un abito secondo lui non all’altezza – commenta Barbara Minghetti, vicepresidente di Aslico e direttrice della programmazione della massima sala lariana – Io ritengo che non sia necessario essere così rigidi, semplicemente perché non ce n’è bisogno. Chi arriva in teatro sa di essere in un contesto speciale e tende a vestirsi in modo acconcio, senza il bisogno di stilare regole precise».
Cosa spinge un’istituzione come il Teatro alla Scala a dare una stretta in questo senso? «È vero che in tempi recenti si è abbandonata l’adesione totale al dress code, ma, per esperienza, è davvero raro che qualcuno si presenti in una tenuta davvero inaccettabile».
«Non manderemo via»
E in quel caso? «In quel caso non lo manderemmo via, ma non ci è mai successo». Tra le iniziative del Sociale per avvicinare sempre più pubblico all’opera e al mondo del teatro, sono numerosissime quelle per i giovani. «Loro sono i primi a volersi vestire in un certo modo – racconta Minghetti – Per loro è davvero un gioco speculare a quello del palcoscenico, oltre ad avvicinarsi, per certi versi, ai genitori». Una sera a teatro agghindati come mamma e papà.
«Con il tempo è cambiata la moda e anche in ufficio non ci si veste più come un tempo, ma c’è un contesto per ogni abbigliamento e viceversa. Nel nostro festival estivo, in questi giorni, nell’Arena all’aperto tanti vengono vestiti in tenuta estiva, sobria, senza eccessi in nessuna direzione ed è giusto che sia così: è il contesto a suggerirlo».
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