«Bruce, il nostro amore è vero e si vede». San Siro regala emozioni a Springsteen

Rock e passione Il retroscena della coreografia dell’ultimo concerto del tour europeo a Milano. I comaschi Francesca Rossini e Paolo Noseda: «Ci ha dato tanto, dovevamo restituirgli qualcosa»

Milano

Sale la scaletta con Little Steven e gli spalti lo accolgono con una coreografia che abbraccia l’intero stadio. Sorride e si intuisce l’emozione di fronte allo spettacolo di questo pubblico appassionato. Si avvicina al microfono ed esclama: «Only in San Siro...». Solo a San Siro, in cinquant’anni di carriera, Springsteen ha potuto vedere uno spettacolo simile. Solo a San Siro uno stadio intero canta le sue canzoni e squarciagola. Solo a San Siro si balla dalla prima fila vicino al palco fino all’ultimo seggiolino del terzo anello.

Bruce Springsteen, la coreografia di San Siro su Born To Run. Video di Paolo Moretti

Com’è nata

Dietro la coreografia dell’ultimo show europeo del Land of hope and dream tour c’è un gruppo di fan di tutta Italia: il team del “Our love is real”, ovvero la frase della primissima coreografia organizzata nel 2013 (seguita dalla seconda di tre anni dopo e da quella di giovedì scorso).

Tra gli ideatori Roberto Brusacca: «L’idea iniziale è nata l’idea con gli amici del fan club di Bon Jovi - racconta - Ero stato a Udine al suo concerto ed ero rimasto sorpreso dalla reazione di Jon di fronte alla coreografia. Così mi sono detto: facciamolo». Roberto contatta Claudio Trotta, storico promoter italiano dei live del Boss: «Mi dice: “guarda, c’è un altro ragazzo che me lo ha chiesto”», Andrea Pignatelli, di Asti. Si crea il contatto e da quel contatto nasce “Our love si real”. Con Roberto lavorano Silvia Baratelli, che cura il progetto grafico, Martino Iniziato e poi storici fan di Bruce: Corrado Gambi, Laura Stellin, Micaela Berlini, Sara Tersetti, Nello Corrado, il fan club napoletano dei Pink Cadillac. Volti che, se giri l’Europa (e non solo) a seguito di Springsteen, non puoi non aver visto.

La “mano” comasca

Tra quei volti e quei nomi anche quello di due comaschi: Francesca Rossini, che nel curriculum da fan conta ben due balli sul palco insieme a Springsteen, e il marito Paolo Noseda.

«Io e Francesca - racconta quest’ultimo - siamo stati coinvolti da Roberto. Ricordo che la prima volta abbiamo dovuto fare i conti con una lunga serie di incognite. Innanzitutto avevamo bisogno delle mappe dello stadio, per comprendere come piazzare i cartoncini, e su questo ci hanno aiutato gli ultras del Milan. Poi non conoscevamo i tempi di posa. Infine la nostra paura era che dagli spalti il pubblico non rispondesse e quindi appena iniziarono le note di Morricone, che all’epoca accompagnavano l’ingresso sul palco della E Street Band, eravamo tutti girati verso gli spalti con le dita incrociate». Un successo.

La seconda volta è quella del “Dreams are alive tonight”. Poi il lungo stop dei tour da parte di Springsteen, quindi il Covid, quindi la difficoltà a prenotare San Siro per i suoi show.

«Negli ultimi due o tre anni - ammette Paolo Noseda - ero un po’ spento. Non credevo che mi sarei rimesso in gioco. Ma poi arriva il momento in cui torna e scopri che c’è qualcosa di più forte che ti spinge. Ai concerti di Bruce vado per la sua energia, ovvio, ma lo faccio soprattutto per rivedere gli amici». Perché il rock del Boss è condivisione: «Quell’uomo ci ha dato così tanto negli ultimi cinquant’anni che dovevamo restituirgli qualcosa anche noi». L’ultimo show di San Siro richiama la canzone finale del tour 2024 del Boss: “See you in my dreams”. E Bruce il pubblico di Milano se lo sogna di sicuro.

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