Dal primo museo della storia ai selfie: i ritratti di Giovio guardano al futuro

Visita in anteprima all’esposizione che si apre oggi al piano nobile della Pinacoteca. Tra opere restaurate, prestiti e installazioni Como si riappropria di un protagonista del Rinascimento

Ditelo agli amici, ma anche ai turisti in coda sul lungolago per prendere il battello: i selfie migliori si scattano nella Pinacoteca civica di Como. Almeno da oggi fino all’8 febbraio, periodo di apertura della mostra “La Collezione. Paolo Giovio e i ritratti senza tempo”, che abbiamo visto in anteprima ieri.

Si tratta dell’ultimo step di un piano triennale per rilanciare Palazzo Volpi. «Come Dante abbiamo attraversato inferno e purgatorio e ora siamo arrivati al paradiso», ha detto l’assessore alla Cultura Enrico Colombo, accogliendo la stampa e gli operatori culturali insieme al sindaco Alessandro Rapinese. «Si tratta di un progetto e non di una semplice mostra - ha aggiunto la responsabile dei Musei Civici e conservatrice della Pinacoteca Veronia Vittani -. Volevamo far diventare fruibile, per la comunità in primis e poi per i turisti, tutte le opere che abbiamo della collezione di un concittadino visionario e audace quale è stato Paolo Giovio. Creò in Borgo Vico il primo museo moderno fondato su ritratti e brevi descrizioni. È attualissimo oggi che l’immagine commentata è il modo principale di comunicare».

 La mostra occupa gran parte del piano nobile di Palazzo Volpi e l’allestimento, come ha detto l’architetto Piero Mazzoli che lo ha sviluppato, vuole favorire «un tuffo nel Rinascimento, invitando, come aveva fatto Paolo Giovio, a dare del tu ai protagonisti del suo tempo».  L’intento del curatore, Bruno Fasola, che ha dedicato la vita ai ritratti gioviani, inseguiti per l’Italia e per il mondo dal 1977, è di far rivivere l’esperienza e un po’ anche l’emozione di chi entrava nella villa museo dell’umanista comasco, completata nel 1537 e distrutta solo pochi decenni dopo, nel 1615, da Marco Gallio per fare posto all’attuale Villa Gallia.

Le opere

L’obiettivo è raggiunto: attraversando le sale si avverte un pizzico di stupore nel vedere finalmente restaurati e ben esposti tutti i 38 ritratti di proprietà comunale, cui si aggiungono prestiti come l’effigie di Alessandro Achillini delle Gallerie degli Uffizi e quella di Francesco Maria Della Rovere attribuita alla bottega di Tiziano («ma potrebbe essere del Tiziano stesso», dice Fasola). L’obiettivo di Giovio era non tanto il valore estetico e pittorico dell’opera, quanto piuttosto la verosimiglianza del ritratto, trattandosi, almeno per quanto riguarda i suoi contemporanei, di persone che aveva quasi sempre conosciuto di persona alla corte papale. Il più celebre, in questo senso, è il ritratto di Cristoforo Colombo, ritenuto il più rispondente alla reale fisionomia dell’ammiraglio («Ma Giovio lo ha conosciuto da vecchio - osserva Fasola - e nei suoi occhi affiora la delusione»).

Importanti, per animare alcuni dei protagonisti dei ritratti e per far rivivere il museo di Giovio, anche le installazioni digitali di Olo Creative Farm, di cui trovate un video sul nostro sito («Abbiamo lavorato per rendere più accattivanti tanti musei del mondo, siamo felici di averlo potuto fare per la nostra città», ha rimarcato Max De Ponti).

Alla fine si è invitati a scattarsi proprio un selfie, grazie a una macchina simile a quelle che si trovano nelle stazioni ma che, con la complicità dell’intelligenza artificiale, permette di calarsi nei panni di alcuni personaggi gioviani. Purtroppo nessuno femminile, perché le uniche due donne in mostra - Faustina Mancini e Rossellana Uxor Solimani - sono state ritratte di profilo e, quindi, non si prestavano per questo gioco.

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