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Sabato 14 Giugno 2025
«La mia rivoluzione in tv. Oggi mi chiedono di tornare»
L’intervista a Renzo Arbore per i quarant’anni dall’ultima puntata del programma Rai “Quelli della notte”. «Fummo i primi a occuparci di gossip. Una trasmissione cult che si rivelò involontariamente attuale»
Fate un esperimento. Andate sul sito/app Raiplay e nella sezione teche cercate qualcuno dei programmi tv storici, da “Canzonissima” agli sceneggiati a “Studio Uno”. Troverete spesso della qualità pazzesca, ormai semplicemente impensabile, ma quasi inevitabilmente noterete anche qualcosa di vecchio, e non solo il bianco e nero: ad esempio il ritmo o il fare discorsi su temi ormai incomprensibili. Tra le poche eccezioni troverete però uno splendido 40enne: il 12 giugno, nel 1985 andava in onda l’ultima puntata di “Quelli della notte” di Renzo Arbore, l’unica in prima serata. Tutte le 31 precedenti, iniziate il 29 aprile, furono trasmesse alle 23. Orario che ingenerò un nuovo detto nelle famiglie, da “a letto dopo Carosello” a “a letto prima di Quelli della notte”, un orario impensato e impensabile non solo per i bambini, ma anche per tutti gli italiani: in quella tv a quell’ora andava in onda il Tg della notte e poi via di monoscopio per circa 12 ore. Ora nessuna emittente smette per un solo secondo. Di questo e di ben altro parliamo con l’inventore e conduttore dello show, Renzo Arbore.
Cominciamo proprio da questo orario, Arbore.
Ottima idea, perché da lì partì tutto. Avevo voglia di tentare una rivoluzione, perché ero reduce da una trasmissione inevitabilmente nostalgica, “Cari amici vicini e lontani”, sui 60 anni della radio in Italia. Non volevo essere ingabbiato nel genere retrò, volevo guardare avanti e chiesi questo orario al capostruttura di Raidue di allora, Giovanni Minoli, che accettò subito. Non fu facile, agli inizi gli ascolti non superavano il milione di persone, ma presto iniziò il passaparola e arrivammo anche a 3 milioni.
Per un dato così adesso si ballerebbe sui tavoli per la gioia, nelle emittenti, allora forse meno. E se i numeri erano questi, cosa fece di Quelli della notte una trasmissione di culto? Alcuni modi di dire sono entrati nel lessico famigliare: “Non capisco ma mi adeguo”, i “premi in paglia…”
Scoprii involontariamente quello che in seguito venne chiamato lo “scelto pubblico”, ovvero studenti universitari, professionisti, intellettuali. Gente che capiva l’ironia colta di Pazzaglia, gli strampalati giochi di parole di Nino Frassica, si godeva la parodia dei talk show già allora imperanti e intuiva come facessimo tutto arrampicandoci sugli specchi, improvvisando. Poi arrivò anche la critica, e a questo proposito mi lasci dirle in anteprima che mercoledì prossimo, 18 giugno, alle 21,10, su Rai5 ci sarà “Quelli delle notte in cattedra”, in cui dialogherò proprio sul fenomeno di questa trasmissione con Roberto D’Agostino e Aldo Grasso. E aggiungo anche che invece dal 10 luglio su Raitre verrà riproposto “Cari amici vicini e lontani”, a cui rimango affezionatissimo.
Detto dell’orario, ci racconti l’attualità di una trasmissione così anche 40 anni dopo.
Lo faccio precisando che certe tendenze abbiamo capito di averle raccontate o anticipate solo più tardi. A volte insomma è successo anche involontariamente o semplicemente annusando l’aria, chissà. Penso a Maurizio Ferrini, che tentava di vendere i pedalò della Cesenautica e voleva costruire un muro ad Ancona per separare Nord e Sud. Bossi fu eletto senatore della Lega solo due anni dopo. Ed era un ferreo comunista sovietico, continuava a sognare una rivoluzione che già si capiva non sarebbe mai arrivata. Le dirò che allora ricevetti una telefonata di protesta di Aldo Tortorella, insigne esponente del Partito comunista: tanti compagni si sentivano presi in giro. Lì capii che il Pci non poteva farcela.
In cosa altro rivede la modernità di “Quelli della notte”?
Fummo i primi a occuparci di gossip, con Simona Marchini. In un modo assai lieve, per fortuna, ma guardi ora quanto dilaga oggi. E Marisa Laurito raccontava i fatti di famiglia fingendosi mia cugina, ora la gara è a chi va a spiattellare tutto di sé. E più in generale la tendenza a dibattere sul tutto e quindi sul niente, qualunque sia l’argomento, cosa che mi permette di ricordare i due amici scomparsi che animavano quel salotto di quella che fingevamo fosse casa mia: Massimo Catalano, trombettista di classe, con le sue banalità tipo meglio essere ricchi che poveri e Riccardo Pazzaglia, che tentava di tenere alto il dibattito citando filosofi greci e saggisti tedeschi e poi si arrendeva sconsolato dicendo che il livello era basso.
Lei, che ha fatto spesso il talent scout, con quella trasmissione lanciò anche due personaggi tuttora di grande successo. Uno, l’esperto di look Roberto Dagostino, ora titolare del sito Dagospia.
Lui si inventò il concetto di edonismo reaganiano, che monopolizzò il dibattito culturale: la ricerca del piacere incoraggiata dalle scelte economiche e di vita degli Stati Uniti. E io non trovo una formula migliore per ricordare l’Italia di quel periodo. Certo, non mancavano i difetti a uno stile umano così, ma la spensieratezza di allora raramente me la ricordo, in Italia, perché si univa anche la voglia di festeggiare la fine degli anni di piombo, del conflitto sociale armato. E anche questo spiega il successo del programma.
Secondo personaggio, Nino Frassica, che nel percorso dal Frate Antonino di Scasazza al direttore di Novella Bella adesso da Fazio non ha perso una virgola di comicità.
Un talento che era solo da scoprire, anche fu lui a scoprire me. Cioè scoprì il mio numero di telefono e i lasciò questo messaggio in segreteria telefonica: “Sono un mio grande ammiratore, vorrei parlarle”. Restai folgorato. Lo chiamai e gli dissi di farsi vivo un giorno che fosse capitato a Roma. L’indomani mi suonò al campanello. Da subito è stato quel fenomeno di umorismo surreale e di giochi di parole intelligenti e continui.
Ha mai tenuto un vago conto di quante volte in 40 anni le hanno chiesto quando torna “Quelli della notte”?
Semplicemente impossibile. Anche ieri al mercato mi hanno fermato, citandomi qualche gag dell’epoca. O hanno una memoria formidabile o RaiPlay funziona.
Ma sarebbe possibile ora un nuovo “Quelli della notte” o i tempi sono troppo cambiati?
Prima sgombriamo il campo dai nostalgismi: ai tempi era tutto più bello e più facile, e non solamente perché avevamo 40 anni in meno. In linea teorica, comunque, sì, ma servirebbe del materiale che manca del tutto: dei comici improvvisatori. Intendiamoci, comici bravi non mancano, ma si muovono tutti con un copione e con autori alle spalle. Per “Quelli della notte” servirebbero i jazzisti della parola che avevo io.
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