Laura Curino: «Quegli illuminati in aiuto agli ultimi»

Intervista Autrice dello spettacolo “Santa Impresa” che sarà portato in scena oggi a Como dalla Compagnia “Equivochi”

Si intitola “Santa Impresa” il nuovo spettacolo della rassegna “Tutti a teatro”, che va in scena, questa sera, sabato 20 aprile, alle 19.30, negli spazi in trasformazione della ex Tintostamperia della Val Mulini, in via dei Mulini 3, a Como. Per il ciclo di spettacoli organizzato nell’ambito degli eventi Gener-Azioni 24, da Confcooperative Insubria e dal Consorzio Abitare, con Piramide Engineering e AttivaMente, la Compagnia Teatrale Equivochi porterà in scena un testo scritto da Laura Curino, autrice e attrice molto nota ed apprezzata, e da Simone Derai.

Sul palco, saliranno Beatrice Marzorati (che da tempo lavora con Curino) e Davide Scaccianoce, che hanno ottenuto dall’autrice l’autorizzazione a rappresentare il suo lavoro.

Ne parliamo proprio con la narratrice di spettacoli storici come “Olivetti”, da sempre attenta ad una prosa di forte afflato sociale. Per assistere alla pièce, l’ingresso è gratuito, ma su prenotazione al sito www.eventbrite.it/e/biglietti-santa-impresa.

Si ricorda inoltre che, nell’ambito della stessa rassegna, il prossimo 25 maggio, proprio Laura Curino sarà a Como, con lo spettacolo, da lei scritto e interpretato, “La diva della scala”.

Signora Curino, come è nato “Santa Impresa”?

Questo lavoro risale a qualche anno fa. Debuttò a Torino nel 2015. Per me, fonte d’ispirazione erano state le Olimpiadi del 2006, un evento che aveva portato attenzione sulla mia città e che mi aveva permesso di conoscere tante realtà molto specifiche del capoluogo piemontese. Mi ero accorta, ad esempio, della singolare concentrazione, in quel contesto di personalità forti, i Santi Sociali dell’Ottocento, che, in modi diversi, hanno contribuito a costruire un tessuto di aiuto e solidarietà ai poveri, agli emarginati, alle donne, agli operai. In un momento in cui la società sembrava voler nascondere gli ultimi, queste figure seppero agire, con lungimiranza e spirito di aiuto. Decisi così di raccontarli, tra notizie storiche, cronache, aneddoti.

Parliamo di un drappello di illuminati…

Sì. Sono Giuseppe Cafasso, Giuseppe Cottolengo, Giulia di Barolo, Giovanni Bosco, Leonardo Murialdo, Francesco Faà di Bruno. Tante personalità forti e diverse per estrazione e formazione. Eppure tutti, ognuno con la propria “santa impresa”, hanno creato un vero tessuto di solidarietà.

Perché, a suo modo di vedere, tante storie di questo tipo si intrecciarono nella Torino dell’Ottocento?

Era un contesto in cui il progresso, la modernità, la rivoluzione industriale erano arrivati prima che nel resto d’Italia. Il tessuto sociale mostrava l’evoluzione delle grandi città industriali europee, con una massa crescente di ex contadini inurbati, divenuti operai sottopagati e in condizioni disumane. Questa urgenza stimolò figure di filantropi ad agire. Nello spettacolo, si vuole raccontare la grande opera di Don Bosco, un uomo irriducibile prima che un grande santo. Ma anche la generosità di Giulia Di Barolo, nobile, ricchissima, ma pronta a non girarsi dall’altra parte, capace di impegnarsi per le donne e per i carcerati, con azioni concrete che alleviassero le condizioni terribili in cui questi ultimi erano ridotti. Una e cento storie vengono raccontate per ricostruire uno spaccato sociale.

Il modello dei Santi Sociali dovrebbe essere replicato?

Posso dire con certezza che non solo dovrebbe essere replicato, ma lo è, anche oggi. Io penso a Torino dove, per fortuna, vivono e agiscono moltissime realtà di solidarietà che si fanno carico che chi soffre, ai margini. Lo Stato dovrebbe però sostenere e valorizzare, oggi più che mai, questa azione benefica.

A Como, lo spettacolo verrà portato in scena da un gruppo piuttosto giovane.

Sono molto contenta di aver ceduto questo lavoro, che non proponevo da qualche tempo. È bello che una realtà giovane lo riprenda. Ne sono molto orgogliosa.

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