Ornella Vanoni, mito anticonformista

Lutto Omaggio all’iconica cantautrice, tra le interpreti più celebri della musica italiana, scomparsa a 91 anni. Una carriera iniziata nel 1956 e in piena attività fino all’ultimo: la sua emotività ha trascinato più generazioni

In un 2015 che oggi sembra già così lontano, Ornella Vanoni aveva annunciato il suo ritiro dalle scene, quando pubblicò un album di inediti, “Meticci”, che poneva in calce un inequivocabile “Io mi fermo qui”. Poi si era regalata un cofanetto retrospettivo, “Più di me Più di te Più di tutto”, e aveva salutato il suo pubblico in concerto, anche se qualcuno si era affrettato a precisare che non si trattava degli ultimi concerti, ma “solo” dell’ultimo tour. Così è poi uscito un nuovo disco, “Unica”, che si è collocato direttamente al secondo posto tra i vinili e al terzo tra gli album più venduti, a cui ha fatto seguito, in tempi ancora più recenti, “Calma rivoluzionaria”.

Nel 2021 è stata la prima artista in assoluto a cui è stato conferito il Premio Tenco Speciale con la motivazione “Straordinario esempio di interprete e autrice di una canzone sempre intelligente e ai vertici della qualità artistica, fin dagli esordi ha fornito suggestioni musicali spesso inedite e ha continuato a farlo in tutta la carriera. Con un inconfondibile stile che privilegia l’emozione, ci ha presentato le canzoni della mala, le composizioni dei cantautori genovesi e milanesi, la grande canzone poetica brasiliana andando anche a scoprire nuovi talenti compositivi nelle giovani leve italiane. «È un onore per me riceverlo – aveva commentato – La prima volta che ho cantato “Mi sono innamorata di te” di Tenco, molti anni fa alla Mostra internazionale di musica Leggera a Venezia, ho cambiato il linguaggio femminile nelle canzoni». Ed è stata solo la prima di molte volte.

Vis comica

Recentemente, poi, si aveva sfoderato tutta la sua vis comica grazie a “Che tempo che fa...”, dove si raccontava senza reticenze per la delizia di Fabio Fazio e del pubblico che non ha mai smesso di amarla. Il momento dell’addio vero al palcoscenico sembrava non arrivare mai. Se n’è andata così, Ornella, piena di cose da fare e da dire, come sempre senza reticenze, senza filtri. Come ha fatto con Pacifico per “Vincente o perdente”, un nuovo libro per raccontarsi, dopo le “Piccole storie di Ornella V.” e “Una bellissima ragazza”, perché di vita da ripercorrere ne ha avuta davvero tanta.

Nata nel 1934, in una famiglia benestante, venne spedita a studiare prima dalle suore e poi all’estero, indomabile fin da piccolissima. Se il padre, un industriale farmaceutico, non vedeva di buon occhio il sogno della sua bambina, che voleva diventare estetista, ancor meno apprezzò la scelta di proporsi come attrice all’Accademia di arte drammatica.

Venne scoperta da Sarah Ferrati e presa sotto l’ala protettiva di Giorgio Strehler, che divenne poi il suo amante: “Io avevo vent’anni, lui era sposato, non c’era il divorzio”, riassumeva raccontando lo scandalo che fece piangere la madre.

“Cantante della mala”

Proprio quel suo essere anticonformista suggerì al grande regista di creare, per lei, un personaggio che le rimase attaccato per molti anni, quello della “cantante della mala”, quella milanese, quella di una serie di canzoni che lo stesso Strehler scriveva per lei assieme a Fiorenzo Carpi (“Ma mi”, che invece è un finto canto partigiano, è il più celebre). La “lunga storia d’amore” con Gino Paoli invece, fu, dapprima, artistica e questo le aprì le porte sul mondo della canzone d’autore, di cui Ornella è stata interprete straordinaria. Negli anni ha scoperto il Brasile, ha collaborato con tanti artisti del mondo del pop, ma anche del rock, tornando spesso al jazz, abbracciando sonorità etniche, caratterizzando tutto con una voce inconfondibile e un’immagine pubblica di grande apertura.

Nel privato, tutto era diverso: la depressione era sempre in agguato. «Questo essere così in balia della mia emozionalità ha reso faticosa la mia infanzia, quasi dolorosa la fanciullezza e insopportabile e confuso il mio essere donna che incontra gli uomini. Loro mi volevano e io li subivo senza capire in cosa consisteva quella forza e quella necessità di loro – Scrive nella sua autobiografia – Un uomo deciderà che devi cantare, e lo farai. Un altro deciderà che devi recitare, e lo farai. Supererai il terrore, le notti insonni, la certezza di non farcela. Invece ce la farai. E sarai una rivelazione. Ma non per te. Mai. E sarai infelice». Colpa dell’ansia, che combatteva restando sempre attiva. Un susseguirsi di registrazioni, di collaborazioni, di concerti, di progetti, di periodici ritorni al jazz, al teatro, a Paoli (il loro tour “Insieme” negli anni Ottanta ebbe un successo clamoroso e rilanciò la carriera di Gino: torneranno a cantare più volte negli ultimi anni).

Virginia Raffaele l’ha fatta conoscere alle nuove generazioni con un’imitazione così perfetta da costringere la stessa Ornella, sulle prime diffidente, anzi, parole sue, “Incazzata”, a lasciar cadere la corazza e abbandonarsi allo scherzo. Di pochi giorni fa la pubblicazione di una nuova versione di “Sheherazade”. Contiene due inediti, una versione per pianoforte e voce di “Bello amore” e un inedito con Giorgio Conte, “Senza te”. Senza Ornella, la musica italiana perde una delle sue voci più vere.

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