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Martedì 07 Ottobre 2025
«Ripartiamo dai più giovani per un nuovo Umanesimo»
L’intervista a Raffaele Giuliani, star di TikTok e Instagram con discorsi che spaziano tra psicologia e sociologia. Mezzo milione di follower sui social e una novità: da ieri è online il suo blog in cui pubblicherà articoli d’attualità
Si chiama Raffaele, ma per tutti è “raffagiulians”. Classe 2002, studente alla facoltà magistrale di Psicologia Clinica, Raffaele Giuliani sta spopolando sui social con quasi mezzo milione di seguaci e milioni di visualizzazioni, proponendo contenuti che partono da casi di attualità per arrivare a ragionamenti di stampo psicologico e sociologico. Da ieri ha aperto il suo blog personale e alla luce di questa novità lo abbiamo incontrato…
Raffaele, quali sono gli argomenti principali che possiamo trovare sul tuo profilo?
Il mio account si basa sulla noia. Propongo video che durano anche dieci minuti su una piattaforma che funziona a scorrimento veloce e in cui la soglia di attenzione fatica a superare gli otto secondi. Sono un pesce fuor d’acqua. Tutti i temi che tratto vertono su un blocco similare: diritti umani e civili, visti da un’ottica psicologica e filosofica.
Funzioni perché?
Perché credo che questo tipo di contenuti servano. Nonostante si sia abbassato lo standard cognitivo, qualcuno è sopravvissuto e si dimostra davvero interessato all’approfondimento. Sotto sotto, anche se non fanno rumore, in tanti vorrebbero più contenuti veri e occasioni di confronto.
Spesso i tuoi video analizzano i commenti presenti in rete sotto i post. Quali sono i comportamenti più frequenti che noti sui social?
Non siamo ancora in una fase dove si può generalizzare, ogni singolo commento nasconde sfumature diverse. Di certo, tanti essere umani parlano di altri senza tener conto della una scienza che regola pensieri, che è la psicologia. Quando noto mancanza di cultura in questo campo, che ho la fortuna di studiare, sento il bisogno di intervenire: la disinformazione è a livelli altissimi.
Il tuo account TikTok conta più di 400mila follower. Tra questi, che impatto hai avuto sulla GenZ?
Direi ottimo. I feedback sono numerosi, ma sono felice che il canale non si sia fermato a questo. Avevo il timore, all’inizio, di riferirmi solo a un pubblico giovane. Poi, quando mi sono reso che la psicologia poteva applicarsi bene a fatti del quotidiano, i video sono arrivati anche ai più adulti.
Hai parlato di “rivoluzione culturale”. Da dove deve partire e con che mezzi?
Anzitutto dalla distinzione tra informazione e cultura. Informarsi vuol dire acquisire notizie. La cultura invece è una forma mentis, un modo di vivere con una certa fame di conoscenza. Elementi che servono per non essere vittime delle nostre circostanze, anche delle nostre parole. Mi piacerebbe che le scuole iniziassero a focalizzarsi sul processo, senza creare un ambiente performativo, basato sulla corsa al risultato. Con che mezzi può avvenire? Io ci sto provando sui social, poi da lì ci si deve spostare. Se vogliamo dar vita a un nuovo Umanesimo occorre ripartire dalla creatività dei giovani.
I social hanno anche tratti critici…
Come tutte le cose. Possono essere un mezzo di socialità per chi vive in modo troppo introverso o timido la vita, e magari proprio tramite lo schermo riesce a instaurare rapporti. D’altro canto, credo che i social offrano ogni giorno a qualunque utente un dinamismo spiccatissimo. Quando siamo immersi in quella spinta dopaminica tendiamo a proiettarla ad altre questioni del mondo reale. In questo senso, sono antagonisti delle relazioni stabili perché ci abituano a una velocità troppo forsennata.
Oltre ai numeri positivi che abbiamo citato, ti è capitato anche di ricevere insulti o polemiche per i temi che tratti?
A volte capita. Il più frequente è “comunista” o “zecca”. Mi fa sorridere perché in nessuno dei miei video ho mai affrontato il tema del comunismo o parlato di Marx. Oggi basta fare dei ragionamenti sulle minoranze che sistematicamente vengono discriminate e subito si viene bollati. Io, per esempio, non credo che esista la “cultura woke”, mi sembra solo la creazione di un fantasma utile a sfogarsi.
La scuola come deve cambiare?
Io sposo da sempre la visione montessoriana e le teorie di Berry Brazelton, che parla di scuola senza voto. Mi rendo conto che sia un passo molto importante. Ritengo però fondamentale spiegare ai ragazzi perché è importante studiare, senza parlare di voti, interrogazione o belle figure. Basta un’ora a settimana. Se riusciamo a convincerli che c’è in gioco la consapevolezza di chi sono allora avremo raggiunto un grande obiettivo. A questo va accompagnata una discussione sul dove informarsi e come. Partire poi dai fatti di cronaca odierni per promuovere con degli esperti l’educazione psicosessuale e psicoaffettiva.
Da ieri è online il tuo blog personale. Come è strutturato?
In modo molto semplice: una homepage con i miei articoli. Ho avuto la fortuna di progettarlo con uno dei miei migliori amici che fa l’ingegnere informativo. L’obiettivo è quello di dar vita a qualcosa di più articolare. Mi interessa spostare un po’ i contenuti dagli algoritmi e dare loro una base più solida. A lungo andare TikTok diventa stancante. Se ho un tema da dibattere non è corretto che sia l’algoritmo a decidere chi deve avere accesso ma c’è.
Hai promesso ai tuoi lettori un’informazione corretta e libera…
Mi atterrò al mondo accademico, alle teorie, ai dati, ai fatti, senza che nessuno decida per me. L’opinionismo è meraviglioso, ma prima di tutto bisogna partire da qualcosa di concreto. Un esempio: quante volte nel corso degli ultimi anni abbiamo sentito parlare di narcisismo? Il narcisismo non è quello che è stato venduto in televisione nei talk show, ma è una psicopatologia seria. Oggi tutti puntano il dito e accusano l’altro di essere un narcisista, ma in pochissimi sanno realmente cosa sia e come vada descritto.
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