Rita Pavone: «Il legame con Como? Dai tempi di Macario»

L’intervista La cantante parla del tour per i 60 anni di carriera e racconta di un lontano “sold out” al Teatro Sociale

Lo scorso 9 luglio si è esibita al Castello Sforzesco di Milano per celebrare i suoi sessanta anni di carriera con una tappa del tour “Un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro”, il cui titolo è una citazione di “A muso duro”, il pezzo più famoso scritto e portato al successo da Pierangelo Bertoli. Rita Pavone ha entusiasmato, emozionato e coinvolto un pubblico decisamente variegato e entusiasta nell’appuntamento organizzato da Shining Production, in collaborazione con Imarts.

Spesso, riferendosi a lei, in questi ultimi anni si parla di “ritorno”, ma in fondo lei si è fermata molto poco. Quali sono i progetti che sta portando avanti?

Mi sono fermata per un problema di salute che ora, fortunatamente, si è risolto. Poi mi ero quasi ritirata, sono mancata dalle scene per circa otto anni finché Renato Zero, mio ex “Collettone” (“Collettoni e Collettine erano i ballerini che la accompagnavano nella trasmissione “Stasera Rita”, per la regia di Antonello Falqui, ndr), mi ha invitata a partecipare al suo concerto per un duetto. Ero molto titubante, non cantavo da tempo e gliel’ho fatto presente; lui mi ha dato fiducia rispondendomi che cantare è come andare in bicicletta: una volta che hai imparato non lo disimpari. Ho accettato l’invito e quando sono entrata così, a schiaffo, e il pubblico mi ha dimostrato tutto quell’affetto, vedendo poi di avere ancora la voce e l’energia di affrontare il palco, mi sono detta che potevo tornare.

Dopo Sanremo, invece, avrei dovuto iniziare un tour che è stato bloccato dalla pandemia.

Ora sto portando avanti questo in cui voglio riproporre, oltre ai grandi successi, delle perle nascoste, canzoni che pochi conoscono e un mio lato inedito. Canzoni che magari le radio non hanno mai passato perché si discostavano dalle mie hit, ma in cui io ho sempre creduto e che i miei fan più attenti mi chiedono di portare in tour. Quelli meno attenti invece rimangono piacevolmente stupiti e scoprono una nuova Rita. Tra queste, canzoni del disco “Gemma e le Altre” dove, anticipando i tempi, parlavo dei problemi delle donne e dell’amore tra donne.

Domenica 9 luglio è stata a Milano, ma il tour è iniziato ancora prima. Qual è stato il riscontro del pubblico?

È stato molto emozionante, il calore del pubblico mi ha travolta, ho visto un pubblico attento e coinvolto ed io sono ancora molto emozionata prima di salire sul palco, dopo sessant’anni di carriera. Questo significa che lo faccio ancora col cuore e che, finché potrò e avrò le energie per affrontare il palco come piace a me, ballando e scatenandomi, lo farò.

Più in generale, sente che il rapporto con il pubblico è cambiato, nel corso degli anni?

Con i social qualcosa è cambiato perché magari si viene fraintesi, ci sono gli haters e allora ho deciso di non utilizzarli più. In generale, però, sento un affetto enorme da parte del pubblico: c’è chi mi segue dagli inizi della mia carriera, ma anche nuovi fan molto giovani. Alcuni mi hanno scoperta a Sanremo dove, per esempio, ho ricevuto tantissimi messaggi di apprezzamento…anche da metallari! Sono qui da sessant’anni, ci sarà un motivo. Ne sono felice. Quello che dico sempre è che arrivare è facile, ma è restare che è difficile e io sento di essere rimasta nel cuore del mio pubblico. Mi ritengo fortunata.

A Como lei torna piuttosto spesso, anche per via della sua collaborazione con il produttore, arrangiatore e compositore comasco Filadelfo Castro. Qual è il suo rapporto con la città e i comaschi?

Ho conosciuto Filadelfo Castro grazie a Claudio Cecchetto, il quale mi suggerì di prenderlo quale direttore d’orchestra del brano “ Niente - Resilienza ’74”, brano scritto da mio figlio Giorgio Merk che io portai a Sanremo nel 2020. La resa fu ottima. Il pezzo piacque immediatamente al pubblico e soprattutto ai metallari. La sera della presentazione conquistammo addirittura una standing ovation. Eravamo tutti gasati con un inizio così, ma poi arrivò la pandemia. Filadelfo è un talento vero, uno splendido musicista. Il mio rapporto con Como e i comaschi? Ottimo. Como è una città bellissima e io l’adoro. Mi piacerebbe molto potervi tenere un concerto. La prima volta che cantai a Como fu nel lontano 1964 e tornai nel 1975 al Teatro Sociale: era il mio esordio teatrale accanto al grande Macario in “ Due sul pianerottolo”, una commedia con musiche di Guido e Maurizio De Angelis - meglio conosciuti come gli Olivier Onions - che fece dei sold out ovunque.

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