Alla Croce Rossa di Lipomo, tra i migranti
in cerca di futuro

L’emergenza Uomini, donne, adulti e ragazzi minorenni: a Como arriva il 6% degli stranieri destinati alla regione

Vite sospese, ferme a un grande bivio. Alcune mordono il freno, altre si guardano intorno smarrite, in cerca di una carezza. Sono quelle degli “ospiti” del centro di prima accoglienza della Croce Rossa Italiana di Lipomo. Qui al momento ci sono una cinquantina di persone, uomini e donne, adulti, ragazzi, troppi minorenni non accompagnati, un bambino. Arrivano da ogni parte dell’Africa, da Nord e dalle zone centrali, dove le guerre e i conflitti interni non hanno lasciato loro alternativa.

A Lipomo possono trovare rifugio fino a cento persone e presto la massima capienza sarà raggiunta. È quello che raccontano gli operatori del centro, sicuramente distintosi come modello italiano per efficienza grazie all’impegno di chi lo gestisce, medici, operatori, infermiere, volontari.

Le tappe dopo lo sbarco

Dopo la sbarco sulle coste italiane, le persone migranti vengono inviate alle regioni italiane, a Como arriva il 6% dei destinati alla Lombardia. Il centro, aperto ufficialmente l’8 aprile in accordo con la Prefettura di Como e il Ministero dell’Interno, ha visto passare a oggi 720 persone. Racconta Gian Luca Vicini, direttore operativo del centro: «Forniamo le operazioni di prima accoglienza, qui i migranti dovrebbero restare per circa 10 giorni, per poi essere collocati ai Cas o ai Sai, nei centri dedicati agli adulti e ai minori».

A Lipomo il flusso è continuo e non ci sono stati finora particolari problemi, ma i numeri stanno aumentando e non è difficile immaginare che i posti presto potrebbero scarseggiare e in effetti ci sono persone che sono state ricollocate dopo quasi due mesi. «Tutti cercano un contatto, attenzione, umanità», racconta la dottoressa Maria Federica Magatti, direttore sanitario della Croce Rossa di Como, che si occupa anche di visitare i migranti appena arrivati.

La Cri affronta i problemi di salute e di lingua

«Non sempre è facile sia per problemi di lingua ma anche culturali. Ci troviamo davanti a una scarsa scolarizzazione e ad arrivi sempre più frequenti di minori non accompagnati, che in generale hanno una buona salute. D’altro canto ci sono persone che sono partite proprio per cercare soluzioni alle loro patologie: tutti vorrebbero trovare al più presto una risposta». Ma devono attendere, perché questo è solo un ennesimo punto di passaggio.

«Non di rado i gruppi familiari si dividono alla partenza – spiega l’operatore Riccardo Belotti – ma quando arrivano a Lipomo molti pensano di poter finalmente cominciare una nuova vita». Così non è, non ancora e trascorrerà molto tempo ancora prima che questo possa accadere. «Sono gli adulti a voler dare urgentemente una svolta alla propria esistenza, uomini e donne che si sono posti degli obiettivi, che cercano lavoro pensando ai figli lasciati in patria a cui mandare del denaro. Altri hanno viaggi da continuare per ricongiungersi ai familiari che li attendono Oltralpe».

Un tempo sospeso, in attesa del futuro

«Sentono la frustrazione di dover stare ancora fermi, ad attendere e vedere il tempo che passa senza poter fare nulla» aggiunge la dottoressa Magatti.

«Pensiamo spesso a quella madre arrivata con una bimba di circa sei anni afflitta da forte disabilità, che ha trasportato sulle sue spalle o tra le sue braccia per tutto il viaggio dall’Africa. Una mattina, ripresasi dalla traversata, è uscita e non è più tornata. Pensiamo sia andata in Francia, ma ne abbiamo perso le tracce».

Spinta della speranza di una vita migliore questa donna non ha voluto o potuto attendere oltre. «Nei minori non accompagnati la situazione è diversa – continua la dottoressa – sono in attesa, passano la maggior parte del tempo attaccati ai telefonini con cui comunicano con i cari e gli amici lasciati a casa. Da noi cercano affetto, attenzione e cura». Intanto, aspettano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA