Don Roberto, un altro Natale senza di te: «Mai l’uomo dell’assistenzialismo, ma sempre il sacerdote appassionato»

Per non dimenticareIl suo messaggio resta vivissimo: «Nel suo cuore il desiderio di portare Cristo agli uomini»

Il terzo Natale senza don Roberto Malgesini. Dirlo fa un certo effetto, segnale del tempo che passa inesorabilmente e che cerca di lenire le ferite ancora aperte dopo quel 15 settembre 2020 ancora nella memoria di tutti.

Certo, non è facile. Il compimento della sua esistenza terrena, tuttavia, non ha spento l’amore che provava per le persone, specie per quelli che definiremmo “gli ultimi”: da quel giorno, la solidarietà è aumentata, vera testimonianza del chicco di grano, di cui si legge nel Vangelo, che per portare frutto deve morire. Ce lo insegna la Parola, proprio quella che – fino all’ultimo – don Roberto ha ascoltato, vissuto e, soprattutto, incarnato.

L’attenzione ai bambini

Chissà cos’avrebbe fatto la prossima domenica. Inutile, in fondo, perdere tempo a fare ipotesi: piuttosto, «proviamo a ripensare alle sue azioni». Don Roberto Bartesaghi, parroco di Tavernola e suo compagno di messa, rammenta in particolare «l’impegno per la celebrazione: dalla Parola e dall’Eucarestia don Roberto ha attinto la forza per fare quel che faceva, davvero».

In molti a San Rocco ricordano «l’attenzione che aveva per i bambini. Sempre, naturalmente, ma in modo particolare a Natale». Durante la messa della vigilia, infatti, «nell’omelia rivolgeva sempre loro un pensiero, che si concretizzava subito in un piccolo oggetto: un richiamo molto semplice, come potevano essere delle bolle di sapone, per far felici i più piccoli e, soprattutto, per prolungare la sua riflessione». Interesse per i piccoli e per i poveri. «Il 25 dicembre – proprio come tutti gli altri giorni dell’anno, in fondo – don Roberto andava a trovare i suoi amici e a far festa con loro», racconta. «Li raggiungeva là dove vivevano: in lui la gioia non nasceva dai regali, ma dall’incontro con le persone. La ricchezza di questo giorno era portare loro il lieto annuncio. Il Vangelo, appunto».

Natale, poi, è anche un momento di famiglia. «Nel pomeriggio – ricorda il compagno di ordinazione – raggiungeva i parenti per trascorrere insieme a loro un po’ di tempo». Tanti piccoli gesti, insomma, che fanno capire quanto avesse a cuore i rapporti. «Ricordo anche che, ogni anno, regalava ai suoi nipoti una statuina in più del presepe».Era questo, in fondo, «il suo stile: mai l’uomo dell’assistenzialismo, ma sempre il sacerdote appassionato, con il desiderio nel cuore di portare Cristo agli uomini, a quelli che, per diverse ragioni, non sarebbero convenuti alle celebrazioni della comunità». Non a caso, «il vescovo Oscar in questi anni ha richiamato spesso l’esempio di don Roberto ai fedeli e, in particolare, a noi sacerdoti. Si tratta, soprattutto, di un invito a essere testimoni concreti della Verità che professiamo».

Trasformare il nostro cuore

A don Malgesini il cardinal Cantoni ha dedicato un’apposita sezione del volume “Testimoni di Misericordia”, a conclusione del cammino dell’XI Sinodo diocesano. «Ne sono sempre più convinto – le parole del vescovo –: il suo sacrificio d’amore spalanca alla Chiesa e alla società una straordinaria e inimmaginabile fecondità che tocca a noi sviluppare con coraggio evangelico».

Da qui, allora, l’augurio di don Bartesaghi per l’imminente Natale del Signore. «Come don Roberto, che sapeva scorgere il Signore in ogni situazione portandolo a tutti, così anche noi possiamo accoglierlo in questi giorni di festa nella Parola per riuscire a trasformare il nostro cuore».

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