Famiglie di fronte alle fragilità, la parola allo psicanalista: «Senza dubbio sono sole»

L’esperto Scomparsi i legami sociali e di comunità: «Oggi difficile trovare sostegno dalla realtà attorno»

Famiglie fragili, ciascuna a modo suo. Famiglie sole di fronte a difficoltà economiche, di salute, nella gestione dei conflitti. Spesso classificate e banalizzate da una lettura sociale che non tiene conto della complessità: da un lato le facili generalizzazioni con i “processi ai genitori” definiti ansiosi, inadeguati, iperprotettivi, eterni adolescenti; dall’altro, i giudizi perentori sulle nuove generazioni come dipendenti dal virtuale, incapaci di affrontare le frustrazioni, superficiali... Una polarizzazione che esaspera le posizioni per il gusto della contrapposizione e che, di certo, delle fragilità non si prende cura.

Tempi che cambiano

Un aiuto a contestualizzare e storicizzare il tema viene da Roberto Pozzetti, psicoanalista, professore di psicologia sociale all’Università dell’Insubria e alla Ludes di Lugano, presidente dell’associazione InOut di Albate che offre percorsi, anche gratuiti, con professionisti.

«La solitudine delle famiglie è una conseguenza dello sfilacciamento della dimensione comunitaria - ragiona Pozzetti - siamo passati da un’epoca più territorializzata in cui il legame sociale era forte, pensiamo per esempio al mondo agricolo, quando certi valori erano sostenuti solo dalla famiglia e in cui il compito educativo era in parte svolto dai genitori, in parte dalla comunità, all’epoca attuale che vede l’onere educativo pesare su madre e padre».

«È indubbio che le famiglie sono un po’ sole - aggiunge lo psicanalista - un esempio che tutti possiamo constatare: in molte palazzine abitano famiglie che non si conoscono e non si parlano, se tra di loro ce n’è una con figli adolescenti problematici, ribelli, o con problemi di tossicodipendenza o disturbi alimentari, quella famiglia non può trovare sostegno nella realtà che la circonda, non trova legami e amicizia, per cui i riferimenti sono la scuola, la parrocchia, la moschea oppure l’associazione, l’operatore psicologico se esiste la capacità di chiedere aiuto».

Un altro fattore da considerare è la varietà. Ci sono famiglie arcobaleno, famiglie che vivono separazioni, famiglie multigenitoriali o allargate in cui diventa più difficile trovare figure che esprimono autorevolezza.

«Una metafora efficace è quella della tavola - spiega Pozzetti - il padre seduto a capotavola e i figli ai lati, un tempo. Oggi c’è la tavola rotonda che però può creare confusione. Senza voler rimpiangere il passato, non c’è dubbio che i ruoli non sono più definiti, è un passaggio epocale». Come prevenire, allora, le sofferenze, come fa sì che le famiglie perché si sentano meno sole?

«I giovani hanno bisogno dell’autorevolezza di figure adulte e devono poter sperimentare la separazione dalla famiglia. La difficoltà è trovare nuovi punti di riferimento fuori da essa. L’incontro con qualcosa che appassiona, ci salva. Se capita che un docente o un maestro riescano ad appassionare un giovane, allora quell’incontro può essere autorevole. Ma non è facile. Qui entrano in gioco le famiglie che possono dare stimoli e opportunità ai loro figli, lasciandoli tentare, sperimentare. Anche contro le idee dei genitori, e anche nel mondo digitale che, se usato criticamente, può svolgere questa funzione».

L’alibi dell’amore

Attenzione anche all’alibi dell’amore, va tutto bene purché i genitori amino i figli: «Ma che cosa vuol dire amare i figli? - si chiede Pozzetti - Ci sono genitori convinti di amare i figli e che invece fanno loro del male, quando vogliono farli diventare la loro copia, per esempio. Mettetevi in discussione, i figli devono diversificarsi dai genitori, l’amore costruttivo è un amore che permette loro di farlo».

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