In fondo al viaggio c’è la vita che ritorna

La storia L’Africa, il deserto, la traversata e l’incontro con “Como accoglie”: Kate e Osamudiamen finalmente sposi

Una storia a lieto fine. Così si dice di una coppia che convola a nozze dopo aver superato mille difficoltà, dopo aver tenuto testa alle cattiverie del mondo. Ma se è vero che il giorno in cui Osamudiamen e Kate si sono sposati è stato un giorno pieno di gioia, per loro non è affatto una “fine”. Il loro viaggio qui a Como, insieme, è appena cominciato. Rendere ufficiale un amore nato in mezzo a tante fatiche e sfortune, è stato il sigillo ufficiale di un nuovo inizio. E stare insieme di fronte a una rappresentanza dello Stato italiano ha il bellissimo sapore dell’orgoglio di avercela fatta.

Osamudiamen Samuel e Kate Agbi sono stati uniti in matrimonio nella sala consiliare del Comune di Como. Quella sala Giunta di Palazzo Cernezzi con il suo camino barocco, gli affreschi medievali e quell’arazzo con gli stemmi davanti al quale Osamudiamen e Kate hanno voluto farsi fotografare, fieri ed emozionati. Con in braccio la loro bimba e un piccolo in arrivo, circondati dall’abbraccio ideale degli amici della comunità nigeriana, di don Giusto Della Valle, di Silvia Cantaluppi della Casa della giovane, delle testimoni Daniela Guarnotta e Barbara Rodighiero di Como accoglie. Un abbraccio di protezione e di incoraggiamento che ci dice quanto conti la rete di supporto ai migranti, quanto sia importante trovare fiducia per riscattare un’esistenza che, altrimenti, si perderebbe. Vittorio Nessi, consigliere comunale ed ex magistrato che li ha uniti, durante la cerimonia ha ripercorso il viaggio dei due giovani: due odissee di quattromila chilometri. La traversata in mare, lo sbarco a Lampedusa per Osamudiamen, lo choc dell’arrivo in un Paese sconosciuto per Kate. E poi l’incontro a Como, l’amore, il desiderio di una famiglia. E finalmente, nella città dove hanno messo radici, è stata sancita la loro unione. Quella stessa città da cui rischiavano di essere mandati via.

Quando è arrivato a Como Osamudiamen era quasi cieco e chi è stato al suo fianco in quelle prime settimane lo ricorda spaesato. «Era sostanzialmente analfabeta - racconta Daniela Turgotta, volontaria di Como Accoglie, che è poi diventata sua testimone di nozze nel giorno più luminoso dall’arrivo del ragazzo in Italia - quindi abbiamo iniziato a insegnargli un po’ di italiano, ma dovevamo farlo al telefono, sia perché faticava a relazionarsi sia perché eravamo in pieno periodo Covid». Da quei primi difficili approcci alla lingua e alla cultura del Paese verso cui è fuggito, Osamudiamen ha preso in mano la sua vita e, grazie all’aiuto delle tante mani tese incontrate lungo il cammino, da Lampedusa, nel 2017, alla parrocchia di Rebbio, per poi trovare pace, qualche anno dopo, in un appartamento tutto per la sua famiglia, l’ha sostanzialmente ribaltata.

«Entrambi desideravano fortemente continuare a vivere qui, dove avevano iniziato a lavorare e progettare il loro futuro»

«Che cosa desideri dalla vita? – ha chiesto Nessi a Samuel quando l’ha incontrato la prima volta - Avere una famiglia, dei figli e un lavoro», ha risposto con profonda semplicità. Ed è questo un dettaglio non trascurabile che anche Daniela ricorda con affetto: «Osamudiamen era determinatissimo a trovare un lavoro, voleva una sua dignità e indipendenza: vederlo ora con una moglie e una figlia nel loro appartamento a Ponte Chiasso, pagato regolarmente tramite il lavoro che si è conquistato, riempie di gioia».

Il percorso non è stato semplice, perché fuggire dal luogo in cui si è nati per rifarsi una vita altrove non lo è mai. Anche quando Kate e Osamudiamen pensavano di avercela fatta e di aver raggiunto la serenità nella casa di Camerlata dove si erano trasferiti, qualcosa è andato storto. «Il progetto di prima accoglienza in cui erano stati inseriti li ha informati del fatto che avrebbero dovuto liberare la casa ed essere trasferiti in un altro centro, lontano da Como- racconta Daniela - e quindi, come Como Accoglie, abbiamo deciso di farli entrare in un appartamento di proprietà dell’associazione, ancora libero, a Ponte Chiasso. Hanno accettato subito: desideravano fortemente continuare a vivere qui, dove avevano iniziato a lavorare e progettare il loro futuro».

«Prendersi a cuore una persona e considerarla parte di noi stessi, sentire il suo dolore come il nostro è ciò che ha tenuto accesa la loro luce»

Noi che siamo stati spettatori della loro forza di volontà e del loro coraggio possiamo solo augurare loro tutto il bene e la felicità che si meritano. «Hanno incontrato chi ha aperto loro una casa e trovato un lavoro, hanno trovato braccia protese per accogliere e curare – ha sottolineato Nessi - Prendersi a cuore una persona e considerarla parte di noi stessi, sentire il suo dolore come il nostro è ciò che ha tenuto accesa la loro luce».

Il rapporto con i volontari che li hanno accompagnati e hanno fatto sì che quella loro volontà ferrea di riscattarsi si tramutasse in realtà è oggi un’amicizia solida come le radici di un albero cresciuto sulla terra buona. «Osamudiamen mi manda le foto della sua bimba e mi chiama spesso - confessa Daniela, mentre la sua voce si tinge di un’emozione indescrivibile, un misto di orgoglio e tenerezza - La relazione che ho stabilito con lui lo ha portato a chiedermi di diventare la sua testimone di nozze... Quando guardo lui e Kate io vedo una famiglia che finalmente ha ottenuto la conquista più grande: un po’ di normalità».

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