Maria, dall’Argentina alla laurea a 78 anni

La storia L’infanzia poverissima a Buenos Aires, poi l’Italia e il ristorante a Prestino: «Ora ho realizzato il mio sogno»

La giornata è stupenda e il cielo, come capita ogni tanto a giugno, è azzurrissimo. Maria Sombre cammina col marito per le vie di Milano. «A un certo punto – racconta – ci siamo imbattuti nella sede di un’università. Purtroppo non saprei dire il nome, non ci ho fatto caso in quel momento: era però una costruzione moderna, con un grande piazzale e l’ingresso a mo’ d’imbuto. Di fronte a me, uno sciame di ragazzi intenti a camminare dentro e fuori l’ingresso. Mi sembrava entrassero in paradiso. Hanno cominciato a cadermi le lacrime e mi sono detta: “Perché non ci provo?”». Così, a distanza di qualche tempo, a 78 anni compiuti, la signora Maria, terminati tutti gli esami, è a un passo dal realizzare il proprio desiderio: ottenere la laurea.

«In quel frangente ho deciso – aggiunge – sebbene non sapessi a cosa andassi incontro. Così, mi sono recata nei giorni successivi nel chiostro di Sant’Abbondio, la sede dell’Insubria. Ho guardato con attenzione l’offerta e ho optato per Mediazione interlinguistica e interculturale: sembrava la facoltà più adatta a me».

Il diploma a sessant’anni

In effetti, la vita di Maria Sombre si può dividere quasi esattamente a metà, con i primi 40 anni vissuti in Argentina, per la precisione a Buenos Aires, e i rimanenti 38 (39 a novembre) sul Lario. «Mi è sempre piaciuto studiare – spiega – però, purtroppo, non ho potuto perché sono originaria di una famiglia molto povera. Da piccola, mi sono iscritta alla scuola dell’obbligo, poi ho cominciato immediatamente a lavorare: a quei tempi, iniziavi appena compiuto 12 o 13 anni». Da qui, il rammarico di non aver potuto continuare. «Non sono riuscita nemmeno a iscrivermi alla secondaria – continua – però, tenevo la mente informata leggendo e facendo quel poco che riuscivo. Per esempio, m’iscrivevo a diversi corsi, anche di taglio, cucito e disegno. Qualsiasi cosa riuscissi a fare tenendo conto del tempo a disposizione e delle mie finanze».

Nel frattempo, però, Maria Sombre realizza uno dei suoi sogni: avere una famiglia. «Mi sono sposata e ho avuto quattro figli – aggiunge –. Nel 1982 siamo venuti in Italia. Mio marito era un disegnatore tessile: quindi, quale posto migliore, per la sua professione, della provincia di Como? Lui aveva lo studio a casa e riusciva a dare un occhio ai miei figli, già grandicelli. Ho deciso di cominciare la scuola media serale a Olgiate». Il passo successivo è stato aprire un ristorante a Prestino, il don Segundo Sombra, dove da 22 anni la signora cucina la carne e i piatti della sua terra d’origine.

«Non avevo finito di studiare – rincara – ora volevo il diploma. Però, era difficile trovare le superiori giuste. Ma, a sessant’anni, ce l’ho fatta e sono diventata dirigente di comunità». Ora, di fronte a lei, restava solo l’università, l’ultimo gradino prima di esaudire il proprio sogno.

L’ammirazione per gli italiani

Dopo l’epifania provata a Milano, tutto è diventato più chiaro. «Devo però dire la verità – confessa – ero preoccupata dall’impatto che avrei avuto con i ragazzi. Mi vergognavo molto ed è stato difficile affrontare questo scoglio. Però, ho trovato davvero persone meravigliose che mi hanno aiutato e fatto sentire a mio agio». Il suo esame preferito è stato Archeologia: «Era una materia a scelta – spiega –. Mi ha davvero aperto un mondo: grazie agli insegnamenti, ho potuto conoscere la nascita dell’essere umano e l’inizio della civiltà».

Ora, terminati gli esami, manca un ultimo passaggio, quello della tesi. Ma, Maria Sombre ha già scelto l’argomento: «Il mio elaborato verterà sull’immigrazione italiana in Argentina – racconta –. Nel mio paese, ho vissuto con tanti migranti, in arrivo da tutte le parti. E, devo dire la verità, ho sempre avuto grandissima ammirazione per le persone in arrivo da questa Penisola, per vari motivi: per come lavoravano, per lo stile di vita, per l’ambizione e la cura con cui crescevano i figli. Hanno dato tanto all’Argentina». Insomma, una sorta di omaggio: «Sì – conferma – con il loro sforzo, hanno contribuito a rendere grande il mio Paese».

Intanto, a Drezzo, dove la signora abita, tutti fanno il tifo per lei: «I miei figli, i miei clienti, i parenti e i vicini di casa- - conclude con il sorriso –, m’incoraggiano tutti. E sono molto contenti, come me».

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