Minori stranieri non accompagnati, ecco cosa succede quando trovano posto in comunità: «Qui costruiamo percorsi»

L’Annunciata Sei i giovani migranti nella struttura di Como, in viale Varese: per ciascuno di loro un progetto di crescita e integrazione progressiva

Il tema del “dopo”, quando si parla di persone migranti, è sempre rimandato: conta capire chi si occuperà dell’accoglienza nell’immediato del loro arrivo, come invece potranno entrare a far parte di una comunità è punto di domanda spesso lasciato sospeso.

Ad affrontare la questione, nella realtà, però qualcuno c’è. La comunità Annunciata di Como annovera tra i suoi ospiti - ragazzi minori in condizioni di fragilità, disagio sociale o maltrattamento - al momento sei minori stranieri non accompagnati. «Siamo al 90% della capienza, perché per garantire a tutti i minori ospitati in comunità lo stesso percorso, da un punto di vista qualitativo, dobbiamo garantire anche standard elevati», spiega Saverio Meroni, responsabile dell’Annunciata, che ci ha aperto le porte della comunità per mostrarci come è possibile accompagnare i minori stranieri al progressivo inserimento nella rete sociale comasca.

Tre storie a lieto fine

Bangladesh, Pakistan ed Egitto sono i paesi di provenienza dei sei ragazzi ospitati fin dalla scorsa estate: «Noi non siamo un Cas (ndr. centro di accoglienza straordinaria) con i ragazzi che accogliamo, tutti, costruiamo un progetto formativo e lavorativo». Il responsabile dell’Annunciata ha tracciato una parabola delle vite di alcuni di questi ragazzi, dal momento in cui sono giunti a Como, la scorsa estate: «Due ragazzi egiziani di circa 16 anni sono arrivati con già dei contatti di imprese a Milano, volevano fondamentalmente lavorare. Noi li abbiamo spinti a fare un anno di scuola e poi li abbiamo agganciati a queste imprese di cui avevano contatti, ma con contratti regolari, e intanto hanno anche seguito la scuola di italiano» racconta Ma quello dei minori stranieri in cerca di lavoro non è l’unico tema che chi lavora all’Annunciata si deve porre: «Diverso invece il progetto che abbiamo approntato con un quindicenne tunisino: si è reso conto di essere troppo piccolo per pensare già al lavoro, quindi sta affrontando un percorso per ottenere il diploma di terza media. Un altro ragazzo di 18 anni ora è perfettamente inserito in un nostro appartamento e ha un contratto di apprendistato nella ristorazione».

Sono solo tre esempi ma mostrano come lavorando con attenzione ai dettagli e cura dei minori sia possibile costruire un futuro che coinvolge tanto loro quanto la città in cui arrivano, da lontano: «Ma per poter fare queste cose c’è bisogno di risorse: se tu investi risorse su una persona e questa persona trova il piacere di essere un cittadino di Como, crei un circolo virtuoso che fa bene a tutta la cittadinanza. Se invece non investi prima, dovrai investire dopo nel carcere, ma questa è una visione limitata e non risolutiva».

Ma non c’è posto per tutti

Motivo per cui all’Annunciata spesso capita di dover rifiutare le richieste di aiuto avanzate dal Comune di Como per ospitare in regime di emergenza i minori stranieri che arrivano sul territorio: «Qui vivono ragazzi fragili, con cui costruiamo un percorso attento e non possiamo permetterci che venga compromesso».

Non solo, anche il tema dei costi va affrontato: «Cinque educatori professionali per comunità, psicologi, psicoterapeuta, mediazione culturale: sono tutti gli ingredienti che ci permettono di “cucinare” la torta, ovvero di avere con noi ragazzi responsabili e con un chiaro progetto di vita e di inserimento nella cittadinanza». Oggi dal Comune di Como l’Annunciata riceve 90 euro per ogni minore straniero non accompagnato, ovvero 30 in meno rispetto a quanto forniscono altri comuni.

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