Padre Giuseppe beatificato: a Kalongo
il giorno più bello

Uganda Tutto pronto per la cerimonia di beatificazione nel centro al quale il sacerdote dedicò tutta la vita

La diocesi di Como, a pochi mesi dalla canonizzazione di Giovanni Battista Scalabrini, padre dei migranti, torna a gioire per un nuovo momento di grazia. Dopo lunga attesa – il rito, infatti, è stato rimandato per due volte di fila a causa del Covid –, questa domenica a Kalongo, in Uganda, il nunzio apostolico monsignor Luigi Bianco presiederà il rito di beatificazione di padre Giuseppe Ambrosoli, il medico missionario di Ronago che dedicò l’intera esistenza a «dare gloria a Dio, percorrere la strada della santificazione attraverso un profondo amore a Gesù e ai fratelli, attingere dalla sorgente eucaristica la forza per aiutare le persone più fragili».

Fu questo, in sintesi, il suo “programma”, con le parole che il Dicastero delle Cause dei Santi ha riportato nella scheda biografica. «Uomo dell’accoglienza e della generosità – si legge –, da ricco che era si fece povero e, operando con mentalità profondamente cristiana, fu per tutti la “buona notizia” del Dio misericordioso».

La laurea e la vocazione

La semplicità – e, allo stesso tempo, la straordinarietà – delle opere che padre Giuseppe promosse per tutta la vita trova immediato riscontro nelle origini: nacque a Ronago, appunto, il 25 luglio 1923, da papà Giovanni Battista, colui che avviò l’attività del “Miele Ambrosoli”, e mamma Palmira. In questa famiglia semplice, di fede «luminosa e discreta», trovò terreno fertile il seme della vocazione del futuro beato.

Iscritto alla facoltà di Medicina a Milano, allo scoppio della Seconda guerra mondiale dovette interrompere gli studi: un periodo complesso sotto molti punti di vista – da ricordare che, dopo l’armistizio di Cassibile del settembre 1943, aiutò ebrei, renitenti alla leva ed ex militari a rifugiarsi in Svizzera, fino al momento in cui dovette rientrare in Italia per raggiungere, con altri studenti medici, il campo di addestramento di Heuberg, in Germania – che contribuì, tuttavia, a rafforzare la vocazione missionaria.

Conclusa l’università nel 1949, si specializzò in medicina tropicale a Londra, probabilmente già prevedendo il futuro impegno in terra straniera tra i padri comboniani, congregazione per la quale emise i primi voti. Risale al 17 settembre 1955 l’ordinazione sacerdotale, cui seguì, nel giro di poco tempo, la partenza per l’Uganda, per la precisione alla volta di Kalongo, dove trasformò in ospedale un semplice dispensario e fece nascere una scuola per ostetriche.

Ed è forse questo l’aspetto più importante della missione africana di padre Ambrosoli: potenziando il principio ispiratore di Daniele Comboni (ossia, «salvare l’Africa con l’Africa»), l’assistenza sanitaria ugandese poté fiorire in maniera considerevole proprio grazie alla formazione impartita alle donne del posto.

«Dio è amore e io sono il suo servo per la gente che soffre». Così soleva ripetere il futuro beato, la cui memoria è ancora molto viva in tutta l’Uganda. «Davvero collocò il Cristo sofferente – le parole del Dicastero – al centro focale di tutta la sua vita e per questo l’ammalato, icona vivente del Signore crocifisso, divenne la priorità di ogni suo pensiero, di ogni sua preoccupazione e di ogni sua azione».

Dalla parte di chi fuggiva

La stagione di guerre civili che nella seconda parte del secolo scorso segnò il nord dell’Uganda vide, ancora una volta, protagonista padre Giuseppe che si adoperò per continuare la propria opera di assistenza, mettendo in salvo i pazienti e garantendo altrove l’esperienza della scuola di ostetricia. Sforzi immensi che, a lungo andare, associati alle patologie di cui già soffriva, si fecero sentire: morì il 27 marzo 1987 a Lira, «totalmente abbandonato alla volontà di Dio, ricco di meriti e di virtù».

Il resto – è il caso di dirlo – è storia recente. Il processo di beatificazione fu aperto nel 1999 e portò – dopo il passaggio al Dicastero delle Cause dei Santi – nel 2004 alla dichiarazione di validità. Proclamato venerabile da papa Francesco nel dicembre 2015, nel novembre 2019 è stato riconosciuto un miracolo per sua intercessione, grazie al quale da domenica tutta la Chiesa potrà proclamare padre Giuseppe beato.

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