Paola, una “mamma” per 161 bambini

La storia Educatrice di Cermenate volontaria da dieci anni negli orfanotrofi in Congo: «Io, l’unica bianca di Brazzaville»

Si definisce una gran rompiscatole, ma Paola Passera, educatrice professionale, volontaria da dieci anni nel Congo-Brazzaville per l’associazione “Amici dei bambini e delle mamme di Makoua” di cui è anche la vicepresidente, a Brazzaville segue 161 bambini in difficoltà tra i 7 mesi e i 18 anni. Paola spera di non perdere mai la capacità, come dice lei, di «vedere bellezza». Cermenatese, 48 anni, ha lasciato il suo lavoro di educatrice a tempo pieno nel Comasco «che mi piaceva moltissimo» confessa, per rispondere al canto della sua sirena: l’Africa.

L’amore per l’Africa

Alle spalle aveva esperienze che l’avevano portata nel mondo, sempre vicino a chi stava peggio di lei: in Colombia, in Argentina, in Brasile e, nel 2009 nella Repubblica Democratica del Congo dove di povertà ce n’è tanta.

«È stata quell’esperienza di sette mesi a far scoccare in me la scintilla dell’amore per l’Africa – spiega Paola che quando torna a Cermenate per le vacanze fa la spola tra scuole e incontri a testimoniare l’attività della sua associazione e a raccogliere aiuti per i “suoi” bambini africani – ma, tornata a casa, mi sono rituffata nel mio lavoro. A fine 2013 l’associazione Amici dei bambini e delle mamme di Makoua, voluta da padre Arcangelo Zucchi, francescano che ha operato anche a Cermenate, mi ha proposto di partire. Ne ho parlato per prima a mia sorella Anna che è stata grande e mi ha subito detto: vai! I miei genitori mi hanno detto “sei matta, ma vai, se sei felice tu lo siamo anche noi”. Ecco, a loro devo questo: mi hanno sempre detto che la mia felicità è la loro. Così sono partita».

Paola nel raccontarsi non trattiene l’entusiasmo. Tanti i progetti che mette in campo, tante anche le difficoltà e la sofferenza quando qualche bambino soffre o perde la vita.

«A Brazzaville sono l’unica bianca e lavoro a fianco di splendidi collaboratori locali per l’associazione che sostiene 5 orfanotrofi e 3 strutture sanitarie contro la malnutrizione infantile. Seguiamo tanti bambini e ragazzi disabili, 10 non sono autosufficienti, che a Brazzaville non hanno un’assistenza adeguata. Il nostro obiettivo è garantire tre livelli di accompagnamento: alimentare, sanitario ed educativo. Tutti vengono accompagnati fino alla maturità, cominciamo ora ad avere i primi diplomati, qualcuno frequenta l’università, qualcuno lavora e vive da solo. Vederli autonomi è una grande soddisfazione». Quando parla della scuola, Paola precisa che «i nostri bambini vanno tutti alle scuole private, ma per un solo motivo: nelle pubbliche le classi possono arrivare fino a 200 alunni, nelle private attorno a 40 e garantiscono un apprendimento migliore. Il livello d’istruzione è piuttosto basso e facciamo di tutto per garantire ai bambini una buona formazione». Paola ricorda poi che senza l’aiuto esterno l’associazione non vivrebbe: «Ci sosteniamo con le elargizioni liberali, promuoviamo attività generatrici di reddito per la semiautonomia, contiamo sul sostegno a distanza, il 5 per mille, il fundraising prevalentemente dall’Italia, l’aiuto della Chiesa Valdese e della Diocesi di Como che ha sostenuto un progetto di stage professionalizzanti svolti in estate dai nostri ragazzi dai 16 anni. È un progetto importantissimo e nel 2023 ha coinvolto 32 ragazzi in edilizia, agricoltura, allevamento, sartoria, falegnameria, come elettricisti, informatici, cuochi e una ragazza anche come giornalista, altri seguono corsi di fumetto per diventare disegnatori. Io sono sempre al lavoro su nuovi progetti per i nostri ospiti che arrivano con grossi traumi, accompagnati dalle autorità, dalle famiglie che non riescono ad occuparsene o da chi li trova per strada». Paola nel raccontarsi insiste sulle storie “di meraviglia” che da dieci anni vive. Una ancora la commuove, nonostante sia accaduta 6 anni fa.

Il neonato salvato dalla morte

«La definisco una storia sanitaria, ma è molto di più. Un’infermiera intercetta una mamma che sta per partorire. Il suo bimbo è destinato a morire perché lei non lo può mantenere. Il bambino nasce prematuro di 1,4 kg. e l’infermiera, dopo 4 ore dalla nascita, ce lo porta. Io lo vedo e dico: “siete matti, muore!”. Ma la responsabile del centro non si perde d’animo, ha una figlia di 2 anni e ancora il suo latte: pulisce il neonato, lo veste, costruisce una specie di incubatrice per tenerlo al caldo e lo allatta. Io guardo stranita, avevo appena perso un ragazzo disabile di 15 anni, ero a pezzi, ma il neonato vuole vivere. Ora ha 6 anni, sta benissimo e ha iniziato la scuola primaria. Hanno tutti creduto nella vita e hanno avuto ragione, quel bimbo è la nostra mascotte».

Meraviglia. Cosa vede Paola nel suo domani? «Continuare ad accompagnare i bambini e sostenere i più grandi perché abbiano un futuro».

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