
Diogene / Como città
Martedì 16 Settembre 2025
Picchia forte, Alice. Al di là del mare i sogni si avverano
Cambio vita Diciannove anni, una passione per il volley e una scelta coraggiosa: accettare una proposta dagli Usa. «Ogni giorno una prova, ma l’importante è crederci»
Como
Alice Viganò, classe 2006, a luglio scorso ha lasciato l’Italia per volare in America e inseguire il suo sogno: continuare a giocare a pallavolo. A soli 19 anni ha già vissuto a Como, Monza, Piacenza e Firenze per poi approdare alla Pepperdine University di Malibu, in California. Un percorso fatto di cambiamenti e scelte difficili, reso possibile dal sostegno della sua famiglia: «Avevo iniziato a giocare alle elementari come semplice hobby. In seconda media ero stata contattata dal Vero Volley di Monza ma ero troppo piccola e non me la sentivo. Non sapevo ancora cosa fosse la pallavolo agonistica». Con il tempo, però, il suo amore per lo sport è cresciuto e l’ha spinta a superare la paura di dover lasciare tutto quello che aveva sempre conosciuto: Como, la sua famiglia, i suoi amici e la squadra del Como Volley. «Sono stati i miei genitori a incoraggiarmi: a Monza avrei potuto concentrarmi sullo sport senza trascurare la scuola e così, quando l’opportunità si è ripresentata, mi sono trasferita».
«Ho fatto l’ultimo anno al Giovio. Non era ben visto il fatto che praticassi sport ad alto livello, è stato il periodo più difficile. Per fortuna alcuni professori mi hanno capita e sostenuta», racconta. Un anno cruciale sotto diversi aspetti: già da qualche tempo il suo allenatore la spingeva a valutare la possibilità di andare all’estero. «Sono andata a Roma per fare degli allenamenti congiunti in presenza di diversi allenatori americani, che in base ai loro interessi e alle nostre potenzialità potevano proporci dei colloqui». Il talento e la grinta di Alice le hanno fatto ottenere ben sei proposte diverse. Il risultato? Un’estate a valutare bene ogni opzione. «Mi ci è voluto del tempo per convincermi a partire perché non era un sogno che avevo da sempre, ma quando mi è stata messa davanti questa possibilità ho capito che era un treno che non potevo perdere». Una scelta importante che non esclude la possibilità di ritornare sui propri passi. «Se non dovessi trovarmi bene posso sempre tornare indietro, nessuno mi può obbligare a restare».
Per ottenere una borsa di studio che copra la totalità della retta universitaria i requisiti sono severi: voti alti, esame di inglese e tre ore settimanali in biblioteca. Una rigidità compensata dall’attenzione e dalla cura degli allenatori: «Vedere quanto ci tenessero ad avermi in squadra è stato ciò che mi ha convinta a partire. Mi hanno aiutata con le pratiche burocratiche e seguita durante tutto l’anno, diventando un punto di riferimento prima ancora che mi trasferissi». E poi l’impatto iniziale: «È un altro mondo. Le mie compagne di squadra mi hanno accolto benissimo e mi aiutano con la lingua. Ho fatto fatica soprattutto all’inizio perché il lessico pallavolistico e alcune regole del gioco sono parecchio diversi, ma arrivare qui è stato emozionante: ho iniziato un nuovo capitolo». Anche il campus ha fatto la sua parte: «È enorme, ma le classi sono piccole e questo favorisce un contatto diretto con compagni e professori. Da studentessa internazionale trovo fondamentale il loro supporto, e qui sono tutti disponibili». La sfida quotidiana rimane conciliare allenamenti, video tecnici, trasferte e studio, che si somma al fatto di dover imparare a gestirsi da soli. E poi il senso di smarrimento e la mancanza di casa: «Mi ci è voluto un po’ di tempo per ambientarmi: è una prova ogni giorno, ma l’importante è crederci, dare sempre il massimo e buttarsi. Si può sempre tornare indietro».
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