Pride, per dare voce a chi non ce l’ha: la sfida è superare le barriere della diffidenza

La manifestazione Non soltanto musica e folclore: il corteo di sabato affronta il tema della discriminazione. Il bilancio della giornata? «Sarebbe bello un futuro in cui questi eventi non servano più»

Un fiume di ragazzi e ragazze in festa, un tripudio di bandiere arcobaleno, striscioni, cartelli, un messaggio lanciato in coro marciando per le vie della città: “Uniti per la lotta” e “Como città di tuttu” (dove la “u” finale simboleggia il rifiuto verso le distinzioni di genere). Lotta alle chiusure, alle discriminazioni di genere, lotta per i diritti civili e l’inclusione sociale. Una vera festa il Como Pride di sabato 9 luglio, condivisa da centinaia di persone. Numeri anche più importanti rispetto alle previsioni, soprattutto se si confronta l’edizione dei quest’anno con quella dell’anno scorso, la prima per Como.

Autodeterminazione e diritti

Dal lungo corteo che ha sfilato lungo le strade cittadine, dal parcheggio dell’Ippocastano ai Giardini a Lago, si distinguono le voci dei ragazzi che raccontano non solo il senso di un’iniziativa ormai sempre più partecipata, ma anche le ragioni della loro presenza. Durante le varie fasi della manifestazione, abbiamo parlato con loro e raccolto alcune testimonianze.

«Il percorso che ha condotto a questa bellissima giornata parte da lontano - ci ha spiegato Lucas Radice, uno dei promotori dell’evento, nonché membro di Como Pride e Uds (Unione degli studenti di Como) -, ci lavoriamo dal febbraio di quest’anno. Oggi raccogliamo i frutti di questo intenso lavoro di programmazione e organizzazione. Tramite il Pride vogliamo lanciare un messaggio forte alla nostra città. Ci auguriamo che diventi più accogliente, aperta, transfemminista e quindi attenta a ogni soggettività. Il nostro contributo può essere utile a imprimere un cambiamento di mentalità». Il raggiungimento di questi obiettivi passa da scelte molto concrete. «Bisogna partire dalle scuole e consentire, ad esempio, a studenti e studentesse transessuali di utilizzare il nome di scelta invece di quello assegnato all’anagrafe». Hanno contribuito all’organizzazione dell’iniziativa anche Michele Sanvito (Como Pride) e Gaia Provenzi (Uds), che precisano: «Si sentiva forte l’esigenza di un’opportunità come questa nella nostra città. Un segnale netto al quale devono seguire scelte delle istituzioni, rivolte alla tutela di tutte le minoranze. Siamo stanchi della repressione, in ogni ambito: chiediamo voce e spazi per riconquistare il nostro diritto all’autodeterminazione».

Assume toni più intimi il racconto di Jonah: «Purtroppo, ad oggi per noi persone Queer (coloro che non si identificano in alcun genere, ndr) è ancora molto difficile riuscire a far sentire la nostra voce senza il timore di essere discriminati. Io sono stato molto fortunato perché non ho mai subito atteggiamenti di ostilità in famiglia, a scuola, tra gli amici. Tuttavia so che a molti va peggio. Gli episodi di violenza, il tentativo di escludere e incutere la paura delle diversità sono all’ordine del giorno». Il Pride diventa allora anche una forma di condanna ad ogni forma di discriminazione basata sul genere e uno strumento di espressione massima della libertà individuale.

Un desiderio di libertà

«È importante portare in piazza valori quali l’amore verso il proprio corpo ed esprimersi liberamente, senza paura di essere giudicati - ha detto Monica Pignataro, in arte Monique Bonbon, performer di Burlesque -. C’è ancora tanto da fare sotto il profilo dei diritti umani, è giusto lottare per chi non si sente capito o rappresentato a causa della sua dimensione più intima».

Tra i ragazzi e le ragazze accorsi numerosissimi all’evento, si colgono i sorrisi, le risate, un profondo desiderio di libertà. Emergono le fragilità personali, il tentativo di sconfiggerle convivendole con gli altri. Si percepisce l’esigenza di mostrarsi, di esprimersi in maniera anche eccentrica ma sempre con l’intento di abbattere le barriere della diffidenza e costruire percorsi di inclusione.

«Sono davvero felice di aver partecipato al Pride - il bilancio di Bianca Corrado - anche se spero che in futuro non ci sarà più bisogno di eventi come questi per riaffermare la civiltà e i diritti. La società vive una fase di evoluzione, la lotta “dal basso” alimentata dalle energie dei più giovani non potrà che accelerare questo processo».

Il Pride. Video di Andrea Butti

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