Quando il prete degli ultimi era soltanto “Robi”

Il ricordo Il lavoro tra i ragazzi del grest di Regoledo prima dell’ingresso in seminario: «Schivo, ma generoso». E da giovedì sul sito un podcast su don Roberto Malgesini

L’immagine di don Roberto Malgesini, oggi, a due anni dalla sua morte, è ben impressa nella mente e nei cuori di tutta Como e non solo. Il prete di tutti, specialmente degli ultimi, l’anima buona che non si tirava mai indietro e aveva sempre una parola o un gesto di conforto per chi aveva bisogno, l’orologio senza lancette, la porta sempre aperta a cui bussare per chiedere un riparo. C’è stato un tempo, però, in cui il “don” non precedeva ancora il suo nome. Per chi lo conosceva era semplicemente “Robi”: un amico, un figlio, un fratello, un ragazzo come tanti. Eppure osservandolo, andando nel profondo, soffermandosi sui suoi gesti, era già possibile cogliere dei segnali che lasciavano presagire quello che sarebbe diventato in seguito all’ordinazione.

Ne dà una limpida testimonianza don Renato Corona, oggi parroco della Valmalenco, che ha avuto modo di condividere diversi oratori estivi con un don Roberto adolescente, prima che entrasse in seminario.

«Roberto era un ragazzo mite e riservato, ma forte e risoluto nelle scelte di vita. Una presenza discreta e incisiva, che mostrava già i tratti caratteristici che tutti avrebbero conosciuto. Per essere il primo era l’ultimo, il servo di tutti. Dava aiuto con semplicità e vero interesse, cercando di non dare nell’occhio perché un gesto di carità troppo in vista non sarebbe stato così genuino»

«Era la fine degli anni ‘80, quando animava il grest di Regoledo - ricorda -. Ai tempi era possibile vedere la pianta dalla parte della terra, dove stavano le radici della vita e il seme doveva ancora sbocciare per diventare quel frondoso ed evangelico albero che avrebbe offerto riparo a tutti gli uccelli del cielo. Roberto era un ragazzo mite e riservato, ma forte e risoluto nelle scelte di vita. Una presenza discreta e incisiva, che mostrava già i tratti caratteristici che tutti avrebbero conosciuto. Per essere il primo era l’ultimo, il servo di tutti. Dava aiuto con semplicità e vero interesse, cercando di non dare nell’occhio perché un gesto di carità troppo in vista non sarebbe stato così genuino. Sapeva scorgere il bisognoso tra altri 200 bambini e, anche con il solo sguardo, sapeva trasmettere il bene. Aveva già fatto dell’umiltà uno stile di vita».

Qualche anno dopo è arrivato l’ingresso in seminario: una nuova tappa del percorso che lo avrebbe portato a essere sacerdote e a dedicare la propria vita all’altro, ancor più di quanto già faceva. Durante il periodo di formazione, tra il 1992 e il 1998, ha conosciuto tanti altri ragazzi che, poi, sarebbero diventati gli amici di una vita, pur distanti a causa degli impegni con le rispettive comunità. Tra questi c’è anche don Mariano Margnelli, oggi parroco a Ponte, Sazzo e Arigna, che lo ricorda con grande affetto.

«C’è stato un periodo in cui mangiava anche poco pur di dedicarsi al prossimo. E la cosa strabiliante è che faceva con serenità e pacatezza ogni gesto, ogni sacrificio»

«Eravamo giovani e alle prime armi - racconta -. Lui, per la verità, appariva riservato, schivo, timido tanto da arrossire nel parlare in pubblico: era difficile pensare che sarebbe diventato un gigante. Tuttavia, le premesse, a ben guardare, c’erano tutte. Aveva un’incredibile capacità di coltivare i rapporti a tu per tu. Con ognuno di noi passava del tempo di qualità. C’è stato un periodo in cui mangiava anche poco pur di dedicarsi al prossimo. E la cosa strabiliante è che faceva con serenità e pacatezza ogni gesto, ogni sacrificio». Poi, però, c’era anche la dimensione meno spirituale, più umana. Quella del giovane come tanti, che amava scherzare e divertirsi. «Era un gran burlone - sottolinea don Margnelli -. In montagna, luogo che amava per la sua essenzialità, giocavamo anche a prenderci a cuscinate. Era tanto assorto nella preghiera quanto capace di relazionarsi, tanto profondo nelle omelie quanto aperto allo scherzo». Mille sfaccettature, mille tratti unici, che a due anni di distanza continuano a mancare.

Il podcast

Giovedì 15 settembre, in occasione del secondo anniversario dell’omicidio di don Roberto, La Provincia offrire agli utenti del proprio sito internet un podcast in cui si racconterà la storia di don Roberto. Testimonianze di amici, di collaboratori, di preti, dei ragazzi che lui ha aiutato. Ma anche la voce del suo omicida, quella di chi ha cercato di salvarlo quella tragica mattina. Sei puntate che rientrano in una nuova rubrica de laprovinciadicomo.it: “Storie nella Breva”.

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