
Diogene / Como città
Martedì 07 Febbraio 2023
Silvia, la luce oltre il buio del pregiudizio
La storia La professoressa Gianferrari, non vedente, insegna al liceo: e da sempre si batte per l’integrazione professionale

«Siamo pionieri e stiamo lottando per continuare ad essere pionieri». Si esprime al plurale Silvia Gianferrari, docente di greco antico al liceo “Alessandro Volta”, ma dietro quel “noi” ci sono la tenacia, la passione e la perseveranza di una studiosa non vedente innamorata delle lingue classiche che, a Como, ha dato vita al laboratorio di accessibilità digitale, un’esperienza praticamente unica in Italia che ha le potenzialità per diventare un vero e proprio modello di integrazione per chi ha handicap visivi. Il laboratorio è una semplice postazione con computer al primo piano del “Volta”. Fuori, nei corridoi, gli studenti sciamano per l’intervallo mentre Silvia ripercorre le tappe della sua incredibile storia. «Sono diventata cieca a 12 anni, il neurochirurgo disse a mia madre “vedrà che potrà guidare con una patente speciale”, invece sono arrivate gravi complicanze, interventi chirurgici con sofferenze cerebrali pesanti. Mi ritengo una sopravvissuta. Non ho imparato il braille perché la cecità era un problema secondario. Io però volevo studiare, leggevo tantissimo quando ci vedevo. Ricordo mio padre che entrava in camera sbottando “La vuoi spegnere quella luce?” Io ero nata per leggere. Poi il calvario medico, e non potevo più farlo. Mia madre divenne la mia lettrice, mia zia insegnante insistette perché mi facessero studiare al liceo classico di San Benedetto del Tronto. Era il 1983 e il preside non mi voleva, “perché non la mandate in una scuola speciale?”, che era storicamente il contesto di alfabetizzazione degli studenti ciechi, lo sbocco era quasi sempre una scuola professionale per attività manuali-meccaniche. Mia zia, figlia di un percorso culturale che favoriva l’integrazione, capì che non andava affatto bene per me».
Un incontro importante
Ha una voce calorosa Silvia Gianferrari, è un piacere ascoltarla, il tono che si accende quando l’argomento è il suo amato greco antico: «È una materia dolce, ricca, generosa... Il greco cambia la prospettiva di accesso al reale, è una filosofia non una disciplina». Dopo il diploma, conseguito brillantemente, e superato un altro, pesante, ricovero in ospedale, il passo naturale è Lettere classiche all’Università di Perugia. Lì il destino le fa incontrare il professor Angelo Tittarelli: «Una persona meravigliosa, fu il mio lettore tutti i giorni per due ore al giorno. Con lui ho capito che il vero docente è creativo, sa intuire, usare elasticità didattica. Di ogni parola mi descriveva il sistema etimologico, l’amore per la lingua mi faceva assorbire tutto come una spugna. È stato un laboratorio, ho imparato a manipolare dal vivo gli oggetti che uso, i lemmi dei dizionari e, ora, il computer. Io e il laboratorio siamo la stessa cosa».
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