Tra i libri del carcere Bassone: cosa leggono i detenuti?

Beatrice Rumi, coordinatrice del sistema bibliotecario di Como, lavora anche alla biblioteca del Bassone. Un luogo di speranza, i cui titoli raccontano le aspirazioni di chi cerca nelle storie spunti di crescita personale

Quando il furgone che trasporta i libri da una biblioteca all’altra della rete provinciale di Como, passa anche dal carcere Bassone. Lì da otto anni Beatrice Rumi, coordinatrice del sistema bibliotecario intercomunale di Como, ogni venerdì trascorre il suo tempo tra le pagine e i detenuti. Con 500 libri prestati, nel 2024, e quasi 300 in questa prima metà del 2025, per Rumi è tempo di fare il bilancio di un’operazione - quella di far sopravvivere una biblioteca da 6.500 libri in una casa circondariale - che ha provato a cambiare l’esperienza quotidiana dei detenuti all’interno del carcere comasco.

È anche un modo per portare un po’ di normalità oltre quei muri

Un progetto di lunga data

La biblioteca in realtà nel carcere di Como esiste da prima dell’arrivo di Rumi, ovvero dal 2002 quando la costituzione del sistema bibliotecario intercomunale di Como ha coinvolto l’ente carcerario su indicazione della Regione.

Ma se inizialmente il servizio era reso possibile grazie al tempo messo a disposizione da una volontaria, è solo con l’accordo stretto tra il Comune di Como - ente capofila del sistema bibliotecario - e il carcere che il servizio è stavo avviato a pieno regime. «In questo un merito importantissimo va riconosciuto all’attuale amministrazione, che ha firmato per una collaborazione quinquennale, invece che triennale, che supera anche la durata del mandato stesso della giunta, a dimostrazione di quanto tutto questo stia a cuore» specifica Rumi.

Dal Bassone è possibile accedere alla rete intercomunale

«Tutto questo», come lo definisce la bibliotecaria, è quello che avviene dietro allo scambio tra un libro richiesto e uno consigliato, tra uno restituito e uno consegnato, in un luogo dove le storie diventano l’unico strumento di evasione consentito. Dal carcere e da sé stessi.

Tre biblioteche, una per la sezione femminile, una per la sezione maschile e una per chi opera all’interno della casa circondariale. Ma poi dal cuore del Bassone, grazie ai libri, i detenuti possono accedere a due milioni di copie distribuite in tutta la rete bibliotecaria intercomunale di Como. «E questo significa portare un po’ di normalità dentro al carcere - commenta Rumi - evitando l’isolamento sociale e dando un senso di appartenenza al territorio». Che è poi una delle linee d’indirizzo tramite cui la Regione ha voluto che l’ente carcerario facesse parte del sistema bibliotecario. «L’altro motivo è l’accesso al sapere, in un luogo in cui il livello d’istruzione è molto basso. I libri diventano allora un’occasione per migliorarsi, formarsi, istruirsi».

I servizi bibliotecari nelle carceri italiane sono un pilastro per l’aspetto rieducativo della pena, ma la loro effettiva attuazione e qualità dipendono molto dalle risorse disponibili, dalle collaborazioni e dall’impegno delle singole realtà. Il dibattito e i progetti in corso evidenziano una crescente attenzione verso il miglioramento di questi servizi essenziali.

I titoli che la bibliotecaria presta in carcere ci dicono molto delle persone che lo abitano. Il manuale della patente, per esempio, la fa da padrone, così come i manuali per personale oss o asa. Un’aspirazione per il futuro? «A volte - risponde Rumi -, in altri casi invece è solo il desiderio di ricordare il lavoro che si faceva prima di entrare in carcere. Questo accade soprattutto con le detenute donne».

Il titoli più richiesti in carcere sono quelli legati al benessere psicologico e spirituale, dai libri auto motivazionali a quelli che aiutano a migliorare le relazioni tra genitori e figli (che sono tra i soggetti più fragili che accedono al carcere per incontrare la madre o il padre).

«Le richieste naturalmente cambiano anche in base alla sezione e al periodo. Ultimamente al femminile l’età media delle detenute si è abbassata vertiginosamente e mi trovo a dare in prestito molti libri young adult». E ancora romanzi d’amore o raccolte di poesia che per Rumi funzionano da “esche”. «Si parte così, per avvicinare alla lettura, poi provo a far riflettere attraverso i libri che consiglio: suggerisco letture che parlano di uomini manipolatori e donne che cercando l’indipendenza, per esempio, se ritengo possa essere utile. Non sempre però è facile dare consigli di questo genere e io mi affido sempre agli educatori e agli psicologi in carcere».

Dai libri non nascono solo le storie lette nelle celle sempre sovraffollate del Bassone. Nascono anche le storie che i detenuti scambiano con Rumi stessa.

Mancano i testi in arabo

«La biblioteca diventa anche un luogo di relazioni, un salottino dove scambiarsi idee e creare la base del rapporto umano che il carcere dovrebbe provare a ricostruire ma che non sempre è in grado di fare - racconta - Questo dipende molto anche da chi tra i detenuti ha la referenza della biblioteca: se è una personalità leader, che con il passa parola attira gli altri, il servizio decolla. Al femminile ultimamente è successo così e sta per superare il maschile, che invece storicamente è sempre stata la sezione con più lettori».

E poi ancora dizionari, manualistica generale, corsi di lingua, libri di yoga o di origami a seconda dei corsi proposti dai volontari all’interno del Bassone in un determinato periodo. E i classici? «Nella sezione maschile ho osservato una notevole evoluzione nella qualità dei titoli letti - racconta Rumi - Nei primi anni mi chiedevano solo crime, ora invece presto molti classici. L’emulazione fa tanto: un detenuto ne vede un altro leggere Tolstoj e Dostoevskij e mi chiede il romanzo, allora magari io parto da titoli più semplici degli stessi autori e vedo che ogni tanto tra loro scatta anche il confronto. Quello che conta per loro però è che siano sempre storie di vita vissuta».

Ovvero storie dove il dolore non manca e al lettore-detenuto sia possibile identificarsi. Non sempre è semplice: «Ci sarebbero, credo, altri lettori forti per esempio tra chi parla arabo, come i detenuti del Maghreb, ma per loro mancano a catalogo i testi in lingua, che invece sono più presenti per altre nazionalità, come per chi è originario dell’est Europa... ».

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