Un palco per condividere emozioni

Como “Questa non è una panchina”: non solo uno spettacolo ma un progetto di inclusione sociale contro l’emarginazione

Si muovono leggeri sul pavimento della sala dell’oratorio di Sant’Orsola. Guidati dalle insegnanti Veronica Bestetti e Pia Mazza, gli attori si avvicinano alla panchina e alla persona sdraiata sopra. C’è chi manda un bacio, chi sistema la coperta immaginaria affinché non abbia freddo, chi dà una carezza sui capelli. Ognuno lascia un gesto di accoglienza. Fra loro, studenti, cittadini e persone senza dimora. Insieme su un unico palco.

Le prove terminano con un applauso: manca poco alla prima, prevista l’8 giugno al Sociale.

Sono sempre stato una persona espansiva: ormai è il quarto anno che partecipo a questo progetto e, venendo qui, ho fatto tanto amicizie. Inoltre, esco dalla stanza rigenerato

«Lo spettacolo durerà un’ora – commenta Vinicio Bernardelli – e gli applausi saranno lunghi due ore. Sono sempre stato una persona espansiva: ormai è il quarto anno che partecipo a questo progetto e, venendo qui, ho fatto tanto amicizie. Inoltre, esco dalla stanza rigenerato». Rita Dell’Acqua ha invece novant’anni: l’età non le impedisce d’essere al suo posto e divertirsi. «Avevo già fatto teatro over 65 – aggiunge – e adesso, un po’ egoisticamente, ho deciso di proseguire perché mi piace stare con i giovani: mi dà la carica».

Lo spettacolo s’intitola “Questa non è una panchina” e s’inserisce all’interno di un progetto d’inclusione sociale per le persone gravemente emarginate, denominato “Cerchi concentrici”, gestito dalla cooperativa Symploké e cofinanziato dalla Fondazione Vismara di Milano. Alcune azioni del progetto consistono nella realizzazione di laboratori artistici e creativi (teatro, pittura e costruzione di lampade con materiali di riciclo...) indirizzati alle persone senza dimora che vivono nella nostra città. La finalità è favorire il recupero di abilità e competenze dei partecipanti, aiutare le persone a scoprire o riscoprire passioni e interessi, incrementando la capacità e il desiderio di comunicare, esprimersi anche attraverso modalità artistico creative. Si tratta, inoltre, di un’occasione di socializzazione e aggregazione (i corsi sono aperti a tutta la cittadinanza) e d’interruzione della routine quotidiana incentrata prioritariamente sulla soddisfazione dei bisogni primari.

Quest’idea progettuale nasce alcuni anni fa all’interno della Rete degli enti e dei servizi per la grave marginalità. Grazie al coinvolgimento proprio di Veronica Bestetti, Pia Mazza e Letizia Torelli, tre insegnanti professioniste, esperte di teatro e di comunità e che tuttora seguono il gruppo di attori, è nata la compagnia Aounithie’ (termine usato come saluto ben augurale in lingua bambarà). «Lo spettacolo, oltre a essere molto bello, ha suo fine ben preciso – aggiunge Mazza – ed è presentare la città agli altri. Non solo, ci ha consentito di riflettere sul territorio, ma non da un punto di vista prettamente “turistico”. Ognuno racconta la propria visione di Como».

Diventare narratori

Sempre in collaborazione con il Sociale, negli anni passati, sono già stati presentati ai comaschi diversi spettacoli teatrali. Quest’anno si è pensato a un percorso con obiettivi di più ampio respiro: non solo la preparazione di una rappresentazione da mettere in scena, ma l’ideazione e la realizzazione d’itinerari in cui gli attori in erba potranno diventare narratori turistici per raccontare, con pluralità di voci, piccole storie che animano lo stesso spazio urbano: la città di Como. Per Patty Murillo, per esempio, c’è anche un altro aspetto importante: «Mi hanno invitata a venire e non me ne sono pentita – precisa –. Poi, magari, per qualche comasco è la prima volta a teatro. Quindi, è bello pensare che, per quell’occasione, possano vedere noi».

Fra loro, ci sono alcune studentesse del Ciceri: «Abbiamo conosciuto questo gruppo attraverso un progetto – spiega Camilla Dutard – siamo davvero contente: ne parliamo in classe con i professori, cui abbiamo espresso la nostra soddisfazione. Qui si condivide qualcosa, non solo sul palco, ma anche fuori. Ogni volta che ci mettiamo a raccontare, siamo sempre entusiaste. Ci piace molto stare insieme: impariamo a dare il giusto spazio agli altri, scoprendoci complementari». La musica finisce e, con il sorriso, i partecipanti si salutano e si danno appuntamento alla prossima prova. Ognuno con la propria idea e visione di città, pronto a condividerla con tutti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA