Un servizio speciale alla mensa dell’“Isola che non c’è”

L’esperienza Alle elementari di Villa Guardia una bellissima esperienza di inclusione. L’obiettivo: costruire prerequisiti lavorativi

Il pranzo è finito, i bambini sono già tornati nelle aule per continuare le lezioni. I tavoli della mensa devono essere sparecchiati e tutto rimesso in ordine.

Dove prima c’era il chiasso e l’allegria di tanti piccoli affamati, adesso c’è un irreale silenzio. La scuola elementare di Villa Guardia è circondata da un grande parco che si riflette nelle ampie vetrate del salone accanto alla mensa: è qui che ci siamo dati appuntamento. Flavio Viganò, presidente dell’associazione di volontariato “L’Isola che non c’è” di Cassina Rizzardi, insieme a Elisabetta Tiepolo, responsabile dell’area disabili del Consorzio servizi sociali dell’Olgiatese e a Giancarla Arrighi, assessore all’Istruzione del Comune di Villa Guardia. Alla spicciolata, arrivano i collaboratori del servizio mensa, ancora nelle loro divise, con le cuffiette in testa, sorridenti e curiosi. Ci sono quelli del turno di oggi e anche Eni, Alessandra e Maria Grazia che fanno parte dello staff. Insieme coprono quattro turni tutti i martedì e i giovedì. Prima si aiuta a servire i piccoli di prima e seconda, e subito dopo arrivano i più grandi.

Il percorso e il progetto

«L’idea è nata dalla mamma di una bimba che frequenta i nostri laboratori artistici e che è educatrice in un progetto dell’associazione - spiega Flavio -. Spesso entriamo nelle scuole per portare esperienze di inclusione e abbiamo sempre desiderato fare qualcosa che avesse a che fare con la ristorazione, così abbiamo proposto al Consorzio di coinvolgere alcuni dei loro ragazzi dell’area disabilità in un avviamento lavorativo. Con il Comune di Villa Guardia c’è un’ottima collaborazione, e così abbiamo pensato di partire da qua». «All’inizio è stato difficile dice Eni timidamente - ero emozionata, e lo sono ancora adesso. Ma mi piace molto servire i bambini». Andrea, Silvia, Fabio ed Enza completano il gruppo di lavoro con Davide, Genny e Valentina.

«Apparecchiamo la tavola dei bambini, li serviamo e poi mangiamo noi - racconta Fabio con entusiasmo - Qualche volta ci chiedono il bis e se ci arrivano delle richieste di variazioni sul menu dobbiamo stare attenti. Poi, finito di servire, quando i bambini vanno via, c’è la pulizia dei tavoli». «Qualche volta i bambini urlano e c’è un po’ di confusione», interviene Silvia. Tutti però sono d’accordo nel dire che portano tanta allegria. «Un bambino una volta si è offerto di aiutarci a pulire, la maestra gli ha detto che questo è il nostro lavoro» ricorda Fabio divertito. «Aspettiamo il furgone che porta i pasti, qualche volta è in ritardo e allora dobbiamo scaricare in fretta e poi ci aiutano le inservienti a tenere d’occhio i bambini - precisa ancora Fabio - Saltano, urlano ma poi salutano sempre quando escono e ci ringraziano». La preoccupazione più grande, condivisa da tutti, c’è quando bisogna portare i piatti di minestra... Richiede concentrazione.

La cultura dell’integrazione

«L’idea di un laboratorio che costruisce prerequisiti lavorativi ci è piaciuto molto, lo cercavamo proprio per l’area disabilità - spiega Elisabetta Tiepolo -. Dall’idea dell’associazione “L’isola che non c’è” è poi partita una rete tra istituto comprensivo, comune di Villa Guardia e la cooperativa che gestisce la mensa: abbiamo trovato persone attente alla disabilità e nel 2018 siamo partiti. I ragazzi dimostrano che possono essere cittadini attivi, che sono parte di una comunità a cui sono in grado di offrire il loro apporto».

«Gli scolari non sono ancora impregnati di pregiudizi - sottolinea Flavio -, ricordo un bambino che durante un incontro mi chiese “Ma che senso ha la vita di un disabile?”, poi ti rispondo, gli dissi. Alla fine si avvicinò e mi sussurrò “Non è importante, l’ho capito da solo”. Per me è stata l’esperienza più bella, ok diversamente abili, ma abili. E quel bambino l’ha appreso senza bisogno di spiegazioni, ascoltando loro raccontarsi».

Ad accompagnare i ragazzi del progetto ci sono due giovani educatrici del Consorzio servizi sociali dell’Olgiatese Ilaria e Laura. «Per me è stata la prima esperienza di accompagnamento al lavoro, è ed stata preziosissima - condivide Ilaria Berbenni - I ragazzi si sentono valorizzati rispetto a quello che possono dare, è bello mettere in pratica e portare qui quello che impariamo nel percorso di autonomia di vita».

«È un’esperienza di crescita anche per i bambini della scuola - conferma Giancarla Arrighi -. La cultura dell’integrazione per noi è sempre stata prioritaria, siamo molto soddisfatti». Aiutando nel lavoro in mensa, tutti questi ragazzi e ragazze dimostrano che non hanno paura di impegnarsi, che non esiste un limite che non si possa superare. Insieme si può andare lontano.

«Ma come si ascoltano le persone?», chiede alla fine Maria Grazia. È la più decisiva delle domande, perché ascoltare è la cosa più difficile. Di certo oggi è stato bello ascoltare e imparare qualcosa in più sull’arte dell’integrazione.

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