Un’altra centrale nucleare: la Svizzera è tentata nonostante il referendum

Proposta Il consigliere Rosti: «Valutare la costruzione di nuovi impianti». Berna tiene la porta aperta. I contrari sembrano in calo rispetto al 2019

Un po’ a sorpresa, negli ultimi giorni, il Governo di Berna a trazione Udc (dopo le federali di fine ottobre, che hanno depotenziato l’azione politica dei Verdi, dopo il rotondo successo alle elezioni del 2019) ha deciso di non rispedire al mittente l’ennesima richiesta legata al controverso e dibattuto utilizzo dell’atomo quale alternativa energetica percorribile alla luce anche degli attuali scenari, che vedono la vicina Confederazione inevitabilmente dipendente dal Vecchio Continente (e non solo) sul tema sensibile degli approvvigionamenti.

L’invito

Nonostante il “no fermo” del 58% degli elettori - datato 2017 - a riaprire nella vicina Confederazione la partita sul nucleare e soprattutto ad avallare la costruzione di nuovi impianti, il Governo ed in particolare il consigliere federale Albert Rosti - stando a quanto riferito dal quotidiano di lingua francese “Le Matin Dimanche” - hanno invitato il Parlamento ad analizzare nel dettaglio e, in seconda battuta, ad adottare un postulato (ovvero un’argomentata richiesta) del presidente del Partito Liberal Radicale Thierry Burkart, che in buona sostanza ha chiesto di mantenere attive le quattro centrali oggi esistenti (una quinta centrale dovrà essere essere smantellata entro il 2033), ma anche di considerare la possibile costruzione di nuovi impianti.

Si tratta di uno spartiacque importante dentro la politica energetica (e di approvvigionamento energetico) svizzera, la cui prima conseguenza è stata quella di aprire un ampio dibattito subito dopo l’insediamento delle Camere federali dello scorso 4 dicembre.

La Sinistra in particolare ha già promesso battaglia, spiegando che il rischio legato alla radioattività non può in alcun modo giustificare la riapertura del dibattito sul nucleare. Il Governo ha comunque fatto sapere, anche per non turbare ad inizio legislatura gli equilibri che al momento appaiono comunque solidi - vista l’avanzata dell’Udc e il calo importante dei Verdi (questi ultimi chiaramente contrari al nucleare -, che “ogni decisione sarà presa con piena cognizione di causa”.

Smarvote

E come (quasi) sempre accade in Svizzera, la questione è stata subito sottoposta al giudizio popolare, attraverso la piattaforma “Smarvote” che su un totale di 200 voti ne ha attribuiti 105 ai contrari a riaprire il discorso sul nucleare e 95 ai favorevoli a questo delicato argomento.

Ciò significa che il partito del “no” è andato assottigliandosi sotto la spinta delle incertezze legate non solo all’incertezza, ma anche all’impennata dei costi energetici.

Il dibattito è aperto anche alle latitudini ticinesi con il consigliere nazionale (rieletto a Berna) Piero Marchesi - in quota Udc, lo stesso partito del consigliere federale Albert Rosti - che ha aperto al nucleare, «dopo decenni di decisioni scellerate che hanno messo la Svizzera nella condizione di non avere un approvvigionamento energetico sicuro ed economicamente sostenibile».

«Bene dunque la spinta del consigliere federale Albert Rosti, il cui intervento ha contribuito a riaprire un dibattito fermo da troppo tempo. L’azione dell’Udc, che da anni insiste per riaprire al nucleare, sta finalmente dando i suoi frutti».

Di parere opposto il consigliere nazionale Bastien Girod, esponente del Partito Ecologista, che ha rimarcato come “una nuova centrale nucleare verrebbe costruita non prima di 20 anni e questa è chiaramente una tempistica troppo ampia per garantire una corretta transizione energetica.

Senza dimenticare le criticità legate alla radioattività nonché allo smaltimento delle scorie ed ai relativi costi”. Da capire ora quale sarà la prossima mossa del Governo di Berna.

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