«Il vero segreto della pizza è la cura del personale: salario giusto e orario ragionevole»

Giovanni Arbellini e la sua Pizzium, cinquanta ristoranti di proprietà aperti in tutta Italia in sei anni e mezzo. «L’ingrediente più importante sono i nostri 700 collaboratori. Sì a più controlli nel settore della ristorazione»

Cinquanta nuovi ristoranti di proprietà in sei anni e mezzo, ovvero da quando hanno aperto: il marchio Pizzium è cresciuto rapidamente. A Como è arrivato nel 2019 in viale Innocenzo XI e ha retto bene alla prova del covid. Giovanni Arbellini rivela l’ingrediente segreto della sua autentica pizza: cura del personale con un rapporto di lavoro chiaro, stipendi corretti e orari adeguati. Per questo da Pizzium alle 23 si chiude. E da non tifoso dice «siamo un po’ come il Napoli».

Da cosa nasce la strategia di Pizzium?

Un ristorante è come un figlio e a Napoli si dice che un figlio non è di chi lo fa ma di chi lo cresce. Per questo abbiamo sempre investito sull’ingrediente più importante: le persone. Non è una scelta etica, è logica.

Ci spiega qual è la logica?

Se avessi un unico locale, avrei potuto costruire tutto su di me, perché la gestione è diretta e continua. In questo caso il titolare è al centro del sistema e può tenere tutto sotto controllo come preferisce. Ma già se si aprono due punti vendita, non avendo il dono dell’ubiquità, è necessario pensare alla cosa più importante che è il servizio dato dal personale ai clienti.

I ristoranti sono già 50 in tutta Italia, qual è stata la strategia di crescita?

Da subito avevamo già idea di come sviluppare il progetto di ristorazione con un servizio artigianale, dove in ogni locale si stende la pizza a mano, e allora non si può prescindere da personale qualificato. Tra marzo 2017, quando è stata aperta la prima pizzeria in viale Procaccini a Milano, fino alla settimana scorsa tutti i locali a brand Pizzium sono pizzerie dirette. Significa ristoranti con un’unica gestione.

Intanto il mondo della ristorazione è cambiato dopo il 2020, con quale impatto?

Ricordo che anche nel 2021 le attività di ristorazione sono state chiuse nei primi 4 mesi e si è riaperto a maggio di quell’anno e solo all’esterno. Nonostante questo il 2021 ha espresso un fatturato già superiore al 2019 ed è andato migliorando. Pizzium di Como, in particolare, è diventato importante per le analisi post covid. Il locale ha recuperato con una grande facilità, complice il turismo, anche rispetto a città importanti come Milano, Roma, Torino, Parma, Genova. Non siamo sul lungolago, in viale Innocenzo ci devi andare apposta per mangiare la nostra pizza, anche se è una via ad alta percorribilità. È stata una nostra bravura riuscire a imporci bene. Anche in questo caso sono le persone che fanno il locale e su di loro devi poter far affidamento nel modo più certo.

Come?

Assicurando quelli che sono gli standard previsti dal contratto collettivo nazionale. Naturalmente questo è il requisito per fare impresa con la retribuzione regolarizzata e tutta in busta paga. Ma ad essere sinceri nel nostro settore non è un prerequisito per tutti. Non solo, pesa il cuneo fiscale. Una persona che guadagna 1.200 euro costa il doppio e quando avvii un’azienda sono oneri che devi considerare. Inoltre tutti o quasi i 700 collaboratori fanno 40 ore e non è semplice organizzare i turni, strutturare il lavoro per avere la giusta copertura e garantire l’attenzione al cliente. Per questo si è scelto di chiudere sempre alle 23.00 o 23.30.

Perché è così importante l’orario di chiusura?

Può sembrare presto, soprattutto in alcune città dove si esce molto più tardi. Ma non è neanche corretto stare aperti per raccogliere qualsiasi cliente a qualsiasi ora. È una questione anche di rispetto per chi lavora 40 ore a settimana. Abbiamo quindi fatto delle scelte: so benissimo che non restare aperti il sabato tra mezzanotte e l’una significa perdere dei clienti, ma il cameriere magari poi deve aspettare la comitiva che si alza dal tavolo alle due e alla fine, tra chiusura e pulizie, non può andare a casa prima delle tre del mattino. Oltretutto esistono gli straordinari notturni e, se si vogliono fare le cose bene, il costo del lavoro poi si fa sentire.

A Como il problema del reperimento del personale è aggravato dalla vicinanza con la Svizzera dove gli stipendi sono molto attrattivi, come siete riusciti a costruire e mantenere lo staff del locale comasco?

A Como il team è uscito come una ciambella con il buco: sono molto affiatati. Il gruppo storico è composto da 7 persone che sono con noi dall’inizio alle quali altri si sono aggiunti formando una bella squadra. Il locale in viale Innocenzo XI è stato aperto a fine 2018, nonostante non sia sul lungo lago, sta registrando incassi importanti e ogni anno si alza sempre più l’asticella. La scelta è stata di investire sulle persone. Ci sono nel locale di Como 14 persone assunte full time per 40 ore a settimana e 3 part time. Significa che a pieno regime ci sono 17 persone a far funzionare il locale. Dalla Svizzera vengono a cercare i nostri giovani con mega offerte ma da una parte abbiamo investito bene, dall’altra si è creato un legame e infine garantiamo di far crescere le persone.

Per esempio?

Si lavora in un’azienda con pizzerie in tutta Italia e una bella prospettiva di sviluppo che permette a chi vuole di migliorarsi. È il caso di Francesco Paolella del locale di Como. Aveva passione per la pizza, aveva seguito dei corsi e si era avvicinato al nostro mondo ma non aveva mai lavorato nella ristorazione prima di Pizzium. Ha iniziato a Seregno come fornaio, uno dei ruoli della pizzeria con uno stipendio di circa 1.200, 1.300 euro al mese, e oggi, dopo cinque anni, è passato a Como come responsabile a 1.900, 2mila euro. Ci sono casi di persone che messe alla prova possono davvero dare tanto. Se si apre un nuovo locale si propone l’occasione, con vitto e alloggio, per andare in un’altra città e può essere anche stimolante. C’è chi coglie l’opportunità. Ma c’è anche il ragazzo di Napoli o di Reggio Calabria che trova il lavoro gratificante, non si trasferisce e rimane nella sua città. A volte mi chiedo in quale Paese vivremmo se tutte le aziende facessero così.

Cosa intende?

Noi siamo un po’ come il Napoli. Negli ultimi anni è stata l’unica società in serie A con il bilancio in positivo, senza indebitamenti. Ha sempre mantenuto un tetto negli ingaggi. Seria. Alla fine la serietà ha premiato e ha vinto lo scudetto. Noi con Pizzium abbiamo un’azienda sana, la società ha chiuso il bilancio in positivo, il fatturato di quest’anno è di circa 45 milioni. Numeri importanti che dimostrano che fare impresa nel modo corretto si può. Ma per una pizzeria per bene ce ne sono nove che proprio corrette non sono e questa è concorrenza sleale.

I clienti dovrebbero saper capire la differenza e quindi scegliere dove andare?

Anche, se la pizza costa 5 euro e da un’altra parte 8, deve sapere che il costo del lavoro ha un peso sul conto finale e che se un cameriere viene pagato mille euro in nero invece che il giusto, questo poi ha un disvalore sociale e non si valorizza neanche la crescita della propria città. Ma è difficile che i clienti possano comprendere e interessarsi a queste dinamiche.

Quindi cosa serve?

Più controlli. Se l’ispettorato del lavoro andasse in tutte le attività forse rimarrebbero aperti cento ristoranti sui 180mila censiti. Se per fare impresa, magari micro come il baretto sotto casa, devi sfruttare i dipendenti senza creare lavoro e possibilità concrete di crescita, allora meglio avere meno locali ben strutturati invece di liberalizzare le licenze dando modo a chiunque di aprire qualsiasi attività, improvvisando.

Come prende forma il lavoro nero o grigio?

Per esempio, un operatore di sesto livello, secondo il contratto collettivo, prende 1.300 euro per 40 ore a settimana, più tredicesima e quattordicesima. All’imprenditore però costa molto di più: 2.700 euro. Allora il titolare gli propone 1.900 euro al mese, ma tutti in contanti. Quel lavoratore con 600 euro in più al mese dà anche l’anima per il locale e il titolare risparmia 9mila euro all’anno. Ma per i locali che stanno nelle regole è come giocare in 11 contro 19. Non solo, quelli che sono in 19 anche se toccano la palla di mano non gli fischiano fallo. È impari.

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