Potenza dei microsatelliti. La sfida per le imprese vola nello spazio

Apogeo Space, con la comasca D-Orbit, si prepara a lanciare in orbita la prima costellazione italiana privata. Potenziali applicazioni in diversi settori: dall’agricoltura alle infrastrutture, dalla logistica all’ambiente

Apogeo Space lancerà in orbita la prima costellazione italiana privata di Pico-Satelliti e per farlo si servirà di un’azienda comasca, D-Orbit. Si tratta di uno sciame di satelliti che pesano circa 400 grammi l’uno. Un concentrato di innovazioni tecnologiche con potenziali applicazioni in settori diversi, dall’agricoltura al monitoraggio della salute dei ghiacciai. Ne abbiamo parlato con Guido Parissenti cofondatore e ceo della bresciana Apogeo Space.

Space economy e new space economy, di cosa stiamo parlando?

La space economy, economia dello spazio, nella sua totalità comprende anche la parte istituzionale, le agenzie spaziali nazionali e internazionali, mentre nella new space economy c’è una maggiore partecipazione dei privati. Ci sono catene di valore composte esclusivamente da privati: l’impresa che vuol fornire un servizio basato su dati spaziali, commissiona a un’altra azienda la realizzazione di un satellite, che a sua volta viene lanciato da un’impresa privata. Sono coinvolte anche realtà che non si occupano direttamente di spazio.

L’Italia crede in questo settore, è il terzo Paese che contribuisce ai progetti dell’Agenzia spaziale europea. A che punto siamo?

La gran parte dei budget sono stanziati dai governi e, come dimostra l’ultima ministeriale dell’Esa, l’Italia è il terzo contribuente, staccata di pochissimo dalla Francia, la prima è la Germania. Un budget intorno ai 16miliardi di euro che è poco più della metà di quello della Nasa. I meccanismi di assegnazione di questi finanziamenti fanno riferimento al ritorno geografico. L’Esa riceve i fondi dagli Stati membri, alcuni obbligatori altri volontari, e i Paesi si aspettano che questi ritornino al Paese di origine, più o meno nello stesso ammontare, in investimenti alle aziende del settore, non sempre succede. Comunque il fatto che lo spazio sia considerato un asset da sviluppare è un dato positivo.

Conflitti e cambiamenti climatici hanno dato una nuova prospettiva agli investimenti spaziali?

La guerra in Ucraina ha dimostrato come gli asset spaziali siano fondamentali nel periodo in cui stiamo vivendo. L’utilizzo della costellazione Starlink di Elon Musk, ha garantito le comunicazioni satellitari quando sono state distrutte quelle terrestri. In tema di sicurezza, l’azienda americana Planet realizza tutti i giorni una foto completa della Terra, grazie al continuo passaggio dei suoi satelliti in orbita.

La new space economy proseguirà a questo ritmo crescente?

Oggi c’è una grande attenzione per lo spazio e le aziende spaziali, che probabilmente si andrà a ridimensionare. Negli anni 2021-2022 c’è stato un grande uso di Spac, veicoli per quotare in borsa le aziende spaziali. Diverse di queste realtà quotate sul mercato americano, stanno facendo delisting, alcune hanno visto le loro quotazioni iniziali abbassarsi molto rapidamente. Probabilmente ci troviamo all’inizio di un periodo in cui la bolla sta iniziando un po’ a scoppiare, c’è stato un grande interesse negli anni scorsi, tutti volevano investire nello spazio senza magari avere le capacità di comprendere su cosa stessero investendo.

Di cosa si occupa Apogeo Space?

Siamo un’azienda di telecomunicazioni, vogliamo fornire questo servizio per dispositivi Internet of things tramite una costellazione di Pico-Satelliti da noi sviluppata e inviata in orbita. Abbiamo cominciato a operare nel 2015 e nella nostra prima fase ci siamo dedicati al supporto alle aziende che volevano partecipare a bandi delle agenzie spaziali nazionali ed europea. In molti casi siamo rimasti come partner del team di lavoro. Parallelamente abbiamo iniziato il nostro percorso di sviluppo di soluzioni tecnologiche per nano satelliti. Ci interessava sperimentare sul campo, mettere le mani sulla parte pratica. Cosa che non è sempre facile, l’hardware è molto più complicato del software, ci sono tante variabili in più che possono non andare bene rispetto a un programma che non gira. Pensi che il problema sia il tuo codice e invece è una resistenza saldata male. Questo nell’ottica di qualificarci come operatori spaziali e ci siamo riusciti grazie all’invio dei primi due satelliti FEES1 e FEES2 nel 2021 e 2022.

I satelliti stanno diventando sempre più piccoli, quali sono i vantaggi?

Il Cubesat è uno standard per una tipologia di satelliti basata su un modulo di 10x10x10cm. È stato sviluppato a metà anni Novanta dal Cal Poly e dall’Università di Stanford per permettere ai propri studenti di mettere le mani su un progetto spaziale senza dover aspettare 5-7 anni, che è il tempo medio per poter portare in orbita un satellite. Con la miniaturizzazione permessa dal progredire della tecnologia, si è riusciti a inserire sempre più funzioni all’interno di questi piccoli oggetti, tanto che hanno cominciato a fare quello che potevano fare le piattaforme più grandi, attirando anche l’interesse dell’industria e permettendo nuovi modelli di business. Prima il paradigma del satellite era quello di: essere di grandi dimensioni e probabilmente stare in orbita geostazionaria per 10-15 anni, costando centinaia di milioni se non miliardi di dollari. Adesso i satelliti sono più piccoli e grazie alla standardizzazione possono essere caricati su un deployer che li rilascia nello spazio. Questo deployer può essere messo su tanti lanciatori diversi. Il vantaggio dello standard è che puoi imbarcare il satellite su qualsiasi lanciatore che ha questo deployer a bordo, mentre prima era vincolato a una flangia fatta apposta per supportarlo. Questo ha permesso l’ingresso nel settore anche di aziende più piccole e la nascita delle costellazioni.

Micro satelliti che viaggiano in sciami, quali sono i benefici?

Una delle prime costellazioni è stata quella di Planet Labs che con satelliti grandi quanto una scatola da scarpe, 10x10x30cm, ha cominciato a fare osservazioni della Terra in orbita bassa, non più geostazionaria. Lanciandone tanti invece che uno solo, riesce a fare almeno una foto al giorno di tutto il pianeta. La costellazione permette di avere una copertura continua del globo terrestre. I mini satelliti costano meno sia in termini di produzione sia di lancio e avendo una durata di vita più bassa rispetto a quelli geostazionari, vengono sostituiti più spesso e questo consente un aggiornamento continuo della loro tecnologia.

Realizzerete la prima costellazione italiana di Pico-Satelliti, a che punto è la missione?

Siamo producendo i nove satelliti che verranno lanciati in orbita a ottobre 2023. A gennaio avremo un secondo lancio e così via, ne sono previsti tre-quattro all’anno, per arrivare nel 2027 ad avere una costellazione di un centinaio di satelliti operativi. Il primo lancio verrà effettuato dall’azienda comasca D-Orbit. Hanno dimostrato di essere più avanti rispetto ad altri, la loro affidabilità è provata, affidarci a un’entità poco testata avrebbe comportato un rischio più elevato.

A quali settori potrebbe interessare una costellazione di satelliti?

La costellazione raccoglie dati. Si tratta di applicazioni che vanno benissimo in contesti come il tracciamento dei container sulle navi che attraversano gli oceani. In agricoltura, per misurare la temperatura in un campo oppure tenere sotto controllo le mandrie. Nel monitoraggio delle infrastrutture: le reti autostradali e idriche passano spesso attraverso aree dove non c’è una copertura continua della rete cellulare che si concentra dove invece è concentrata la popolazione.

Per monitorare la salute dei ghiacciai nelle zone montuose, per il controllo della fauna selvatica o delle risorse ambientali come fiumi e foreste. Tutti luoghi che si trovano in zone con poca connettività. Con un’azienda locale stiamo sviluppando un dispositivo di monitoraggio degli incendi, i dispositivi vengono dispiegati nella foresta con un pannello solare, durano tanti anni senza alcun intervento umano, rilevano la presenza di gas pericolosi e inviano il dato attraverso la nostra costellazione. Questo permette un intervento tempestivo. Prima di essere visto da una termocamera montata sul satellite, l’incendio deve essere molto esteso.

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