Spinta visionaria e successo. «Sì, partire dal nulla si può»

Mariarita Costanza, cofondatrice di Mcnil nell’automotive e fondatrice della società benefit Everywhere in Puglia. «Io e mio marito avevamo un sogno. Per paradosso, questo ci ha aiutato: non avevamo idea di cosa ci aspettasse»

Cadono tutti i tabù: si può fare impresa anche dove non c’è un ecosistema industriale, si può lavorare per l’automotive e trovare un mercato, si possono ingaggiare i giovani talenti per trattenerli nella loro terra e, infine, no grazie, gli “sconti” per le donne non servono più. Cofondatrice di Mcnil e fondatrice della società benefit Everywhere, Mariarita Costanza, ingegnere, porta da Gravina in Puglia una visione imprenditoriale coraggiosa.

Mcnill opera nel settore dell’automotive per i servizi relativi al digitale: in che modo state gestendo l’evoluzione tecnologica?

Progettiamo e realizziamo dispositivi che si installano a bordo degli autoveicoli e si interfacciano con la loro elettronica. Il nostro punto di forza è l’innovazione continua, che ci spinge a pensare e a creare servizi sempre nuovi per la mobilità. Un esempio concreto di come stiamo affrontando l’evoluzione tecnologica è il nostro impegno nella cybersicurezza. Un’auto connessa è, di fatto, un’auto con una centralina elettronica che, come un server, può essere vulnerabile agli attacchi. Il rischio non esisteva fino a pochi anni fa, ma oggi è una realtà. Per questo motivo, abbiamo investito in progetti di ricerca per sviluppare sistemi di sicurezza da integrare nella nostra elettronica. In questo modo, garantiamo che i nostri dispositivi non possano diventare una porta di accesso per entrare nella centralina del veicolo. Si tratta di un plus che le case automobilistiche richiedono sempre più spesso, proprio a causa dei rischi legati all’evoluzione tecnologica.

Difficile immaginare oggi uno sviluppo nel settore auto per un’azienda Italia: quali sono i fattori a cui prestare attenzione?

Abbiamo una parte dell’azienda che si dedica costantemente all’analisi del mercato automobilistico, studiando le tendenze per intercettare i bisogni emergenti e ideare servizi innovativi per la mobilità del futuro. La storia ci insegna che molte aziende sono scomparse perché non sono riuscite a seguire o, in un certo senso, a dominare l’innovazione. È fondamentale reinventarsi, riconoscendo che un mercato un tempo fiorente potrebbe non esserlo più e che, senza un’innovazione costante, si rischia di essere spazzati via. Non voglio sembrare tragica, ma credo sia cruciale conoscere i cambiamenti e le tendenze del mercato per rimanere competitivi.

Mcnill è un’azienda giovane e senza una rete pregressa di aziende sul territorio che potevano fare da ecosistema: come sono stati gli inizi dell’attività?

Siamo a Gravina in Puglia, in un’area a 15 chilometri da Matera, che ha sempre vissuto di agricoltura. La nostra sfida è stata proprio quella di creare qui, in un territorio privo di un tessuto industriale, un’impresa in un settore nuovo e innovativo come quello del digitale, per dare un’opportunità di lavoro ai giovani del posto. Venticinque anni fa, quando Mcnill è stata fondata, la situazione era molto più complicata. Oggi abbiamo il Politecnico di Bari e l’università di Bari, ma allora erano agli inizi. All’epoca eravamo tra le prime aziende digitali in questo territorio ed è stato difficile trovare risorse umane competenti.

Io e mio marito, i primi due fondatori, eravamo imprenditori di prima generazione.

Paradossalmente, questo ci ha aiutato: non avevamo idea di cosa ci aspettasse. Sapevamo quale sogno volevamo realizzare, ma non sapevamo di aver bisogno di altri visionari e di altre competenze. Abbiamo imparato a nostre spese.

Cos’è cambiato in questi vent’anni?

Oggi, lo scenario è diverso. Il Politecnico di Bari è ai primi posti delle classifiche mondiali e diverse multinazionali hanno aperto le loro sedi in Puglia. Questo ha portato un nuovo “problema”, che io considero un’opportunità: queste grandi aziende attirano i nostri dipendenti, soprattutto i profili tecnici. Per noi, piccole aziende del territorio, questo è uno stimolo a competere offrendo qualcosa di più. Non possiamo competere solo sul piano economico. Ma le nuove generazioni cercano anche altri obiettivi: crescere professionalmente e personalmente, lavorare su progetti sfidanti e sentirsi parte di un progetto più ampio. La nostra spinta iniziale, che manteniamo ancora oggi, è la volontà di contribuire a cambiare il destino del nostro territorio. Le grandi aziende arrivano spesso per un progetto finanziato e poi potrebbero andare via. A noi, invece, interessa lavorare per rendere la nostra terra un luogo attrattivo, un polo di innovazione. In questo, nel nostro piccolo, sento che stiamo facendo la differenza.

Il valore del lavoro è cambiato e la ricerca di significato è cresciuta, come ha intercettato questa nuova esigenza?

Nel 2020 è nata Everywhere, società benefit. La sua creazione è stata influenzata dal covid, che ha rivoluzionato il nostro modo di lavorare e vivere. Everywhere offre servizi alle aziende per favorire la crescita delle persone, aiutandole a comprendere le tendenze del mercato, ma anche a conoscere sé stesse. Purtroppo, la pandemia ha reso evidente che molte persone svolgevano un lavoro che non le appagava. Se non ami ciò che fai, non sarai mai produttivo al cento per cento. Everywhere ha l’obiettivo di aiutare le persone a riconoscere le proprie attitudini e potenzialità, spesso represse, per far sì che diventino più serene, produttive e realizzate.

Inevitabile la domanda sul ruolo delle donne nel lavoro e in particolare in ruoli tecnici: condivide gli strumenti per incentivare le ragazze negli studi e nelle professioni in ambito Stem?

Le quote rosa hanno avuto un senso in un momento storico in cui era quasi un tabù per le donne ricoprire ruoli importanti. Oggi, però, non credo siano più necessarie, né giuste. Trattamenti differenti, che si tratti di borse di studio o di finanziamenti, non sono la soluzione. Il problema oggi non è la mancanza di opportunità. Noi donne dobbiamo capire da sole cosa vogliamo. Con Everywhere stiamo lavorando proprio su questo: una donna che decide di fare carriera non deve privarsi di tutto quello che può rendere una vita piena e ricca di interessi e affetti, anzi. Può e deve avere una carriera di successo, sapendo però che ci saranno dei sacrifici. La donna ha un ruolo familiare unico, che l’uomo non può avere. Non è necessario né richiesto rinunciare a essere madri, come purtroppo sta succedendo con le nuove generazioni contribuendo a un preoccupante calo demografico.

Ma la soluzione non sono gli incentivi o i privilegi, che finiscono per discriminare gli uomini. Le donne possono dimostrare il loro valore sul campo, senza bisogno di corsie preferenziali. Devono acquisire un nuovo mindset: la possibilità di avere sia una carriera che una famiglia. Il fatto che oggi siano ancora numericamente inferiori nei posti apicali dipende solo dal fatto che sono partite dopo. Serve tempo e un lavoro su noi stesse, sulla nostra cultura e sulla nostra mentalità. Il cambiamento deve partire prima di tutto da noi.

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